martedì 28 gennaio 2020

La Misericordia .

giornata-internazionale-di-cultura-ebraica-10-09-2017

".... in ebraico, rahămĭm, indica le viscere materne, che portano la nuova creatura; indica dunque lo spazio fatto in sé alla vita dell’altro, spazio di comunione profonda, di con-sentire, di con-patire, di con-gioire… E indica anche l’amore paterno verso il figlio. La miseri-cordia, incontro di un cuore ardente d’amore con la miseria dell’altro, interpella la qualità del nostro cuore e del 
nostro rapporto con l’altro; ci chiama a lasciarci  ferire dalla povertà dell’altro, in un movimento di em-patia» .
Ma il concetto della misericordia non finisce solo al termine ebraico «rahămĭm»; esso si sviluppa pure nell’altro: «chesed», che esprime l’amore fedele, una bontà senza limiti e il favore . La misericordia, quindi, si riferisce prima di tutto a Dio, che è la fonte di essa."

sta in

https://www.academia.edu/31791707/Capitolo_primo?email_work_card=title

sabato 25 gennaio 2020

Il Testamento di Dio




 «Il monoteismo», conclude Lévy, «è il pensiero di resistenza della nostra epoca perché propone una definizione del male, una dottrina della giustizia, un'etica e una metafisica del tempo

domenica 19 gennaio 2020

Aprire la strada -Hanno aperto la strada





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EBREI. Se tu odii qualcuno, un pretesto per giustificare il tuo odio ai tuoi stessi occhi e per sostenere che non si tratta di odio ma di tua avversione per l’altrui malvagità, e di puro desiderio di ristabilire la giustizia da lui violata, un pretesto che funziona lo troverai sempre. Così accade per l’odio verso gli Ebrei, un odio proteiforme, che nei secoli instancabilmente si rigenera, assumendo sempre nuove forme e nuovi colori. Un odio che, nella sua più profonda radice, è l’odio dei secondi verso i primi, di quelli che vengono dopo verso quelli che hanno aperto la strada: che è anzitutto la strada verso il monoteismo etico. Da questo tutto il resto segue (Fabio Brotto paragrafo n  11 dell riflessione Micronote n.63  in https://brotture.net/page/19/?archives-list=1  )

martedì 14 gennaio 2020

Parashà, Parashòt



formato ebook .pdf,
gratuito

http://www.archivio-torah.it/ebooks/torashadal.pdf


Parashà, Parashòt Parashà (singolare), Parashot (plurale) sono le 54 sezioni in cui la tradizione ebraica divide il testo della Torà; prendono il nome, in ebraico, dalla prima parola significativa del testo. Tale divisione consente, leggendosi nella lettura liturgica dello Shabbat in sinagoga una parashà ogni settimana, di completare il ciclo della Torà in un anno. Non ha nulla a che fare con la divisione in capitoli (che non è ebraica); nella versione ebook della Torà tradotta da ShaDaL edita da torah.it è chiaramente evidenziata la sovrapposizione parashot/capitoli.

Testo in fascicoli, divisi per parashot. Ebraico con italiano a fronte.


Bereshit - Genesi

Shemot - Esodo

Vaikrà - Levitico

Bemidbar - Numeri

Devarim - Deuteronomio



domenica 12 gennaio 2020

Babele o Gerusalemme ?





"Città di Gerusalemme: Quando dall’esilio di Babilonia si invoca il ritorna alla terra dei padri, è a Gerusalemme che anzitutto è rivolta la nostalgia dei profeti e dei cantori d’Israele. Il Salmo 136 rimane il documento più commovente e più significativo a questo proposito: “Come cantare i canti del Signore in terra straniera? Se ti dimentico Gerusalemme, si paralizzi la mia destra; mi si attacchi la lingua al palato, se lascio cadere il tuo ricordo, se non metto Gerusalemme al di sopra di ogni mia gioia

“Ricordati di tutto il cammino che il Signore tuo Dio ti ha fatto percorrere in questi quarant’anni nel deserto, per umiliarti e metterti alla prova ... per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore” (Dt 8, 2-3)."

 G. Ravasi scrive nel suo libro: Il Libro della Genesi (1-11), Città Nuova, Roma, 1990, p. 163: “Dio non ama la città o la nazione dominatrice della storia, detesta l’imperialismo di un popolo sull’altro, rifiuta coloro che hanno piani di conquista e non di dialogo, di sopraffazione e non di collaborazione

“Le sue fondamenta sono sui monti santi; il Signore ama le porte di Sion più di tutte le dimore di Giacobbe. Di te si dicono cose stupende, città di Dio. Ricorderò Raab e Babilonia fra quelli che mi conoscono; ecco, Palestina, Tiro ed Etiope: tutti là sono nati. Si dirà di Sion: “L’uno e l’altro è nato in essa e l’Altissimo le tiene salda”. Il Signore scriverà nel libro dei popoli: “Là costui è nato”: E danzando canteranno: “Sono in te tutte le mie sorgenti (Salmo 87)


http://www.foborji.org/wp-content/uploads/2019/10/TEOLOGIA-DELLA-CITTA-ORIENTAMENTI-MISSIOLOGICI-E-PASTORALI-Oct.-2019.pdf




sabato 11 gennaio 2020

"Ricorda il giorno del Sabato per santificarlo" (Dieci comandamenti, Esodo 20) Per adempire a questo, si recita il kiddush




La MEZUZAH è composta ora da un piccolo foglio di pergamena contenente i primi due brani dello Shema, dove viene affermata l'unicità divina, l'obbligo di studiare ed insegnare la Torah ai propri figli e quindi l'obbligo di affiggere la Mezuzah.






Il Kiddush (venerdì sera)

Nel giorno sesto furono compiuti il cielo e la terra e tutto ciò che è in essi. Iddio, avendo terminata nel giorno settimo l’opera che aveva fatto, smise nel settimo giorno tutta l’opera che aveva compiuta. Iddio benedisse il settimo giorno e lo santificò, poichè in questo terminò l’opera che aveva compiuta.
Col permesso dei presenti (Ti sia per la vita).
Benedetto sii Tu, Signore Dio nostro, che creasti il frutto delle vite.
Benedetto, sii Tu, Signore Dio nostro, Re dell’Universo che ci hai santificati coi tuoi precetti, che ci ami e che, con amore e benevolenza, ci desti in retaggio il Sabato a Te sacro, in memoria della creazione; primo giorno fra le sacre festività, in memoria dell’uscita dall’Egitto; sì, ci scegliesti e consacrasti fra tutti i popoli, e ci desti in retaggio con amore e benevolenza il Sabato a Te sacro: benedetto sii Tu, Signore, santificatore del Sabato.
Benedetto sia l’Eterno che ha dato riposo al Suo popolo d’Israele nel giorno del Santo Sabato.


Il Kiddush (sabato mattina)

I figli d’Israele osserveranno il sabato celebrandolo di generazione in generazione come patto eterno.
Fra me e i figli d’Israele è un segno perpetuo attestante che in sei giorni il Signore fece il cielo e la terra e che il settimo giorno cessò e si riposò.
Ricorda il giorno del sabato per santificarlo.Osserva il giorno del sabato per santificarlo.
Come ti ha comandato il Signore tuo Dio.
Perciò il Signore ha benedetto il giorno del sabato santificandolo.
Col permesso dei presenti (ti sia per la vita).
Benedetto sii Tu o Signore nostro Dio re del mondo creatore del frutto della vite.


venerdì 10 gennaio 2020

Parashat Bereshit Genesi 1 --פרשת בראשית


Descrizione: Macintosh HD:Users:DavidPacifici:Dropbox:SITO:AAA in LAVORAZIONE:ISRAEL pubblicato a Gerusalemme:Fronts.jpeg

Il giornale “Israel” pubblicato a Gerusalemme nel 1939


tutti i fascicoli apparsi
sotto la direzione di Alfonso Yehuda Menachem Pacifici
dopo che  il “Settimanale Israel”  in Italia
venne messo a tacere dalla legislazione razziale
פרשת בראשית

Testo ebraico composto dal Mechon Mamre
http://www.mechon-mamre.org/

בראשית פרק א


Parashat  Bereshit   Genesi 1

Traduzione italiana di Samuel David Luzzatto, 1872

http://www.archivio-torah.it/libretti/luzzatto_tora/shadalbiografia.

consultare e leggere
http://www.archivio-torah.it/testotorah/01.pdf



Commento
http://www.archivio-torah.it/jonathan/parashot.htm#B12

Bereshit, Genesi 1,1 - 6,8
01
La creazione del mondo - Il paradiso terrestre - La cacciata - Il fratricidio - Le prime arti - La condanna dell’umanità perversa.

In principio, cioè in un’epoca remota e indeterminata, Dio creò il cielo e la terra. Facendo ordine in queste due porzioni del mondo, che erano ancora avvolte nell’oscurità del primitivo caos, Dio dette origine in sei giorni alle cose quali oggi le vediamo; creò cioè nel primo giorno la luce, nel secondo la volta celeste, nel terzo separò la terra dall’acqua in cui era sommersa, dando così origine a quello che noi chiamiamo il regno vegetale, in tutte le sue forme ed aspetti; nel quarto giorno creò il sole, la luna e le stelle, cioè i corpi celesti; nel quinto i pesci abitatori dell’acqua e gli uccelli abitatori dell’aria, nel sesto gli animali che vivono sulla terra e finalmente l’essere più nobile del creato, l’uomo, fatto ad immagine e somiglianza di Dio. Terminata l’opera della creazione, Dio destinò il sabato a celebrarla col riposo.
L'uomo - Adamo, perché plasmato dalla terra (adamàh) e che Dio stesso aveva vivificato col suo spirito - ebbe per lieta dimora un magnifico giardino dove, insieme alle altre piante poste lungo maestosi fiumi, si trovavano due alberi di eccezionale natura: quello della vita e quello della nozione del bene e del male: alberi che era vietato all’uomo di toccare. Per quanto vivesse in un luogo delizioso e non avesse da pensare ad altro che a godere il magnifico panorama e le dolci ombre del parco, delle cui piante e dei cui fiori gli era affidata la cura, Adamo dovette sentire di esser solo. Dio allora volle confortare la sua solitudine dandogli una compagna degna di lui: la donna, Eva.
Fra gli animali del giardino ce n’era uno, insidioso ed astuto più di ogni altro: il serpente, il quale, invidioso della pace della coppia umana, indusse con le sue male arti la donna a mangiare il frutto vietato d’uno degli alberi, quello della conoscenza del bene e del male, e ad offrirlo anche all’ingenuo compagno. Per questa disubbidienza furono puniti tutti e tre: l’uomo, la donna ed il serpente seduttore, e la coppia peccatrice fu cacciata dal giardino, iniziando la dura esistenza di lavoro e di dolore che è la sorte terrena degli uomini.
Un’orribile tragedia funestava poco dopo quella prima famiglia: uno dei figli, Caino, dedito al lavoro dei campi, uccideva in un accesso di invidioso furore il fratello Abele, dedito alla pastorizia. Il fratricida fu condannato ad andare ramingo per la terra, senza possibilità di pace e di riposo.
Con la generazione seguente cominciavano le varie arti e industrie umane e le invenzioni relative: la pastorizia, la costruzione delle città, la musica ed i suoi strumenti, la lavorazione del ferro e del rame.
La parashàh termina con la lista delle generazioni che conducono da Adamo fino a Noè.


consultare e leggere 


giovedì 9 gennaio 2020

Isaia 21 La caduta di Babilonia




A scroll of the Book of Isaiah


Isaia 21

La caduta di Babilonia

1 Oracolo contro il deserto marittimo.
Come gli uragani, quando si scatenano, nella regione meridionale,
egli viene dal deserto, da un paese spaventoso.
2 Una visione terribile mi è stata data:
il perfido agisce con perfidia, il devastatore devasta.
Sali, Elam! Metti l'assedio, Media!
Io faccio cessare ogni gemito.
3 Perciò i miei fianchi sono pieni di dolori;
delle doglie mi hanno còlto,
come le doglie di una partoriente;
io mi contorco, per quello che sento;
sono spaventato da ciò che vedo.
4 Il mio cuore si smarrisce,
il terrore s'impossessa di me;
la sera, alla quale anelavo, è diventata per me uno spavento.
5 Si prepara la mensa, vegliano le guardie, si mangia, si beve.
In piedi, o capi! Ungete lo scudo!
6 Poiché così mi ha parlato il Signore:
«Va', metti una sentinella;
che essa annunci quanto vedrà!
7 Vedrà carri, cavalieri a due a due,
truppa a dorso d'asini, truppa a dorso di cammelli;
osservi, osservi attentamente».
8 Poi la vedetta gridò:
«Signore, di giorno io sto sempre sulla torre di vedetta
e tutte le notti sono in piedi nel mio posto di guardia.
9 Ed ecco venire un carro con un uomo e due cavalli.
Quello gridava:
"Caduta, caduta è Babilonia!
E tutte le immagini scolpite dei suoi dèi sono frantumate al suolo"».
10 Popolo mio, che sei trebbiato come il grano della mia aia,
ciò che ho udito dal SIGNORE degli eserciti, dal Dio d'Israele,
io te l'ho annunciato!
Profezia contro Edom e l'Arabia
(Gr 49:7-22; Ad 1) Gr 49:28-33
11 Oracolo contro Duma.
Mi si grida da Seir:
«Sentinella, a che punto è la notte?
Sentinella, a che punto è la notte?»
12 La sentinella risponde:
«Viene la mattina, e viene anche la notte.
Se volete interrogare, interrogate pure;
tornate un'altra volta».
13 Oracolo contro l'Arabia.
Passerete la notte nelle foreste, in Arabia,
o carovane dei Dedaniti!
14 Venite incontro all'assetato con acqua,
o abitanti del paese di Tema;
portate pane ai fuggiaschi.
15 Poiché essi fuggono davanti alle spade,
davanti alla spada sguainata, davanti all'arco teso,
davanti al furore della battaglia.
16 Poiché così mi ha parlato il Signore:
«Fra un anno, contato come quello di un operaio,
tutta la gloria di Chedar sarà svanita;
17 ciò che resterà del numero dei valorosi arcieri di Chedar sarà poca cosa»;
poiché il SIGNORE, Dio d'Israele, l'ha detto.

mercoledì 8 gennaio 2020

l'ebraismo non può disperare della fedeltà di Dio,(Cardinale Carlo Maria Martini)

Rotolo Ester

Il passo di Deuteronomio 6 rimane essenziale per la comprensione della tradizione religiosa ebraica: " Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore" (6, 4)
.
Rashi commenta lo Shema' osservando che "Dio non è ancora il Dio dei popoli idolatri, ma un giorno, come profetizzano Sofonia e Zaccaria, ci sarà un solo Signore e unico sarà il suo nome.

E Michea profetizza la missione universale di pace che Israele è destinato a portare in mezzo a tutti i popoli: "Sarà portatore di pace [...] e il resto di Giacobbe sarà in mezzo a molti popoli come rugiada sull'erba" (5, 4, 6).

La creazione stessa, secondo il commento di Rashi al capitolo 1 della Genesi, è orientata alla Torah e a Israele. Dio creò il mondo "bishvil ha Torah", per amore della Torah, "bishvil Ysra'el", per amore di Israele. Israele è dunque consapevole di essere un popolo separato per il servizio sacerdotale, consacrato per guidare tutti i popoli alla perfetta obbedienza e all'amore di Dio.

Perciò l'ebraismo non può disperare della fedeltà di Dio, è prigioniero della speranza. Ma anche noi siamo legati a questa speranza.

Nonostante la fedeltà di Dio all'alleanza e all'amore per il suo popolo, Israele ha rischiato più volte, nel cammino della storia, di essere eliminato e si è trovato spesso in condizioni di inferiorità e di persecuzione.
Come vanno interpretati questi avvenimenti senza cedere alla disperazione, senza rischiare di rimuoverli, nella loro tremenda e concreta realtà, dalla memoria storica?
Le reazioni degli ebrei di fronte a queste tragedie furono, di volta in volta, diverse: talora ne cercarono la causa nella disobbedienza alla legge; in altri momenti accusarono l'ingiusti- zia dell'uomo; oppure cercarono conforto adorando, in silenzio, l'incomprensibile mistero di Dio.

Leggiamo, ad esempio, nel Midrash Rabbà sul libro delle Lamentazioni: "Israele fu punito", dice ben Aza'i, "per aver ripudiato l'unico Dio, la circoncisione, i dieci comandamenti, i cinque libri della Torah".

La Mishnah, in un noto passo, mostra con quale coscienza unitaria l'ebraismo rifletteva su questi fatti della sua storia: "Cinque disgrazie caddero sui nostri padri il 17 di Tammuz e il 9 di Ab; il 17 di Tammuz, le tavole della legge furono spaccate, l'offerta quotidiana interrotta e una breccia fu aperta nella città e Apostomos bruciò i rotoli della legge e mise un idolo nel tempio; il 9 di Ab fu decretato che i nostri padri non sarebbero entrati nella terra promessa, il tempio fu distrutto la prima e la seconda volta, Bethar fu catturato e la città fu devastata".
L'ultima di tutte queste grandi tragedie è stata la Shoah: essa non ha alcuna proporzione con le persecuzioni precedenti e appare come il climax tragico dell'antisemitismo dei millenni precedenti.

Mi riferisco ad Auschwitz: alcuni ebrei lo giudicano come il martirio e la sofferenza più duri che Dio abbia chiesto ad Israele; altri (André Neher ed Elie Wiesel) come il tempo del più grande buio e del totale silenzio di Dio.

Ma la speranza continua a brillare sul sentiero del popolo ebraico attraverso la storia. La speranza riemerge dall'orrore della Shoah perché c'è un segno concreto che splende come un faro nella notte: è la promessa messianica di una terra, della terra riconciliata di Gerusalemme, la città della pace, di un mondo futuro, di uno shalom messianico. Questo sguardo verso il futuro, nonostante e forse proprio a causa di cosi numerose sofferenze, ci conduce al cuore di un problema che affligge non solo Israele ma anche la chiesa. Israele ha una missione messianica universale di "shalomizzazione" del mondo; la chiesa si propone di portare gli effetti della riconciliazione attuata da Cristo al mondo e all'universo intero.

martedì 7 gennaio 2020

accensione della Chanukkià



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Intervento del Rav Riccardo Di Segni, Rabbino capo di Roma, alla accensione della Chanukkià di Piazza Barberini a Roma.


Il miracolo di chanukkà, dell’olio che basta per accendere la menorà per otto giorni, ha un precedente nel secondo libro dei Re, al capitolo 4. È la storia di una povera vedova piena di debiti alla quale il profeta Elishà fa un miracolo. In casa la vedova ha solo un’ampollina di olio; Elishà le chiede di chiudersi in casa, e di farsi prestare quanti più recipienti (kelìm) può; e poi di cominciare a versare il suo poco olio nei recipienti. L’olio comincia a scendere e riempie di volta in volta i recipienti che vengono portati. Finiti i recipienti, il miracolo si interrompe.
Questa storia può essere molto utile per spiegare il senso del miracolo di chanukkà.

L’olio e i recipienti rappresentano lo spirito e la materia. C’è un’effusione ininterrotta dell’olio, della luce, dell’energia, dello spirito, nella materia vuota. Finchè c’è un recipiente disponibile, l’energia arriva.



2Re 4,1-7

Altri miracoli di Eliseo. L'olio della vedova

1 Una donna, moglie di uno dei discepoli dei profeti, si rivolse a Eliseo, e disse: «Mio marito, tuo servo, è morto; e tu sai che il tuo servo temeva il SIGNORE. Il suo creditore è venuto per prendersi i miei due figli come schiavi». 2 Eliseo le disse: «Che devo fare per te? Dimmi, che cosa hai in casa?» La donna rispose: «La tua serva non ha nulla in casa, tranne un vasetto d'olio». 3 Allora egli disse: «Va' fuori, chiedi in prestito a tutti i tuoi vicini dei vasi vuoti; e non ne chiedere pochi. 4 Poi torna, chiudi la porta dietro di te e i tuoi figli, e versa dell'olio in tutti quei vasi; e, a mano a mano che saranno pieni, falli mettere da parte. 5 La donna se ne andò e si chiuse in casa con i suoi figli; questi le portavano i vasi, e lei vi versava l'olio. 6 Quando i vasi furono pieni, disse a suo figlio: «Portami ancora un vaso». Egli le rispose: «Non ci sono più vasi». E l'olio si fermò. 7 Allora lei andò e riferì tutto all'uomo di Dio, che le disse: «Va' a vender l'olio, e paga il tuo debito; e di quel che resta sostèntati tu e i tuoi figli».

lunedì 6 gennaio 2020

Il "comandamento dell'amore" in tutta la sua ricchezza e profondità nell'humus giudaico Pinchas Lapide, Paideia, 2003





"Grande è la pace, perché tutti i comandamenti sono scritti in essa"

Pinchas Lapide (1922-1997), console d'Israele a Milano negli anni '60, è stato una grande figura di esegeta neotestamentario ebreo, che molto si è adoperato per il dialogo ebraico cristiano. Il suo libro «Il discorso della montagna» - ritraducendo il greco del testo neotestamentario nella lingua d'origine - ricostruisce l'ambiente storico e spirituale in cui venne pronunciato il più dirompente dei discorsi di Gesù e fornisce una versione inedita delle beatitudini evangeliche. Ne pubblichiamo alcuni brani significativi che mostrano consistenza e attualità soprattutto in momenti di crisi quali quelli che stiamo oggi attraversando. Da essi emerge con grande chiarezza la connessione inscindibile tra ebraismo e cristianesimo, nonché la continuità e novità dell'insegnamento di Gesù



«Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno!» (Lc. 23,34). Così pregò un tempo per i suoi torturatori rabbi Jeshua sulla croce romana. Nel 1945 rabbi Baeck mise in campo tutta la sua influenza personale per proteggere i sorveglianti e tutto il corpo di guardia da atti di vendetta e non appena si fu ripreso spiritualmente e fisicamente, fu tra i primi a promuovere la riconciliazione fra tedeschi ed ebrei. La sua preghiera, che risale ai primi anni del dopoguerra, non ha bisogno di commento:
«Sia pace agli uomini di cattiva volontà, e sia posta fine a ogni vendetta e a ogni discorso di punizione e castigo... È impossibile misurare le atrocità; esse sono al di là di ogni confine della comprensione umana, e innumerevoli sono i martiri... Perciò, o Dio, non misurare con la bilancia della giustizia le loro sofferenze, per non imputarle ai loro boia chiedendone un conto terribile, ma agisci diversamente! Accredita piuttosto ai boia e ai delatori e ai traditori e a tutti i malvagi e metti loro in conto tutto il coraggio e la forza d'animo degli altri, il loro accontentarsi, la loro nobile dignità, il loro tacito impegnarsi malgrado tutto, la speranza che non si dà per vinta, e il coraggioso sorriso che ha fatto asciugare le lacrime, e tutti i sacrifici, tutto l'amore ardente, ...tutti i cuori tormentati e straziati che però sono rimasti saldi e sempre fiduciosi, di fronte alla morte e nella morte, sì, anche le ore della debolezza più profonda... Tutto ciò, o Dio, deve contare davanti a te come riscatto per il perdono della colpa, deve contare per una risurrezione della giustizia - deve contare tutto il bene, e non il male. E che nel ricordo dei nostri nemici noi non siamo più le loro vittime, non più il loro incubo e fantasma, ma piuttosto il loro aiuto, perché cessi il loro furore... Solo questo si esige da loro e che noi, una volta che tutto sia finito, possiamo tornare a vivere come uomini tra uomini, e che scenda di nuovo la pace su questa povera terra, sugli uomini di buona volontà, e che la pace scenda anche sugli altri»
Leo Baeck in Angst-Sicherung-Geborgenheit, di Th. Bevet, Bielefeld 1975

sabato 4 gennaio 2020

André Chouraqui Vivre pour Jerusalem- Contra Babel




"È Babel la mostruosa trionfatrice della storia, Babel dalle legioni devastatrici, Babel del saccheggio e delle violazioni, Babel dell'assassinio, Babel di tutte le morti. Babel trionfa in tutti i nostri inquinamenti  esulta nei depositi dove si ammassano le armi atomiche, che domani devasteranno la mirabile liturgia della creazione. Ai trionfi di Babel,"  "Gerusalemme è presente incatenata, cieca, ma viva e presente. Durante tutta la sua storia Gerusalemme è la città martire, la grande crocifissa". 
Continua Chouraqui: "Gerusalemme è centrale per Israele, centrale per la chiesa universale, per la casa dell'lslam e perché essa si erge all'incrocio in cui l'Asia incontra l'Africa e si volge all'Occidente"

venerdì 3 gennaio 2020

La futura gloria di Gerusalemme


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Isaia 60,1-9

La futura gloria di Gerusalemme

1 «Sorgi, risplendi, poiché la tua luce è giunta,
e la gloria del SIGNORE è spuntata sopra di te!
2 Infatti, ecco, le tenebre coprono la terra
e una fitta oscurità avvolge i popoli;
ma su di te sorge il SIGNORE
e la sua gloria appare su di te.
3 Le nazioni cammineranno alla tua luce,
i re allo splendore della tua aurora.
4 Alza gli occhi e guàrdati attorno;
tutti si radunano e vengono da te;
i tuoi figli giungono da lontano,
arrivano le tue figlie, portate in braccio.
5 Allora guarderai e sarai raggiante,
il tuo cuore palpiterà forte e si allargherà,
poiché l'abbondanza del mare si volgerà verso di te,
la ricchezza delle nazioni verrà da te.
6 Una moltitudine di cammelli ti coprirà,
dromedari di Madian e di Efa;
quelli di Seba verranno tutti,
portando oro e incenso,
e proclamando le lodi del SIGNORE.
7 Tutte le greggi di Chedar si raduneranno presso di te,
i montoni di Nebaiot saranno al tuo servizio;
saliranno sul mio altare come offerta gradita,
e io onorerò la mia casa gloriosa.
8 Chi mai sono costoro che volano come una nuvola,
come colombi verso le loro colombaie?
9 Sono le isole che spereranno in me
e avranno alla loro testa le navi di Tarsis,
per ricondurre i tuoi figli da lontano
con argento e con oro,
per onorare il nome del SIGNORE, tuo Dio,
del Santo d'Israele, che ti avrà glorificata.

giovedì 2 gennaio 2020

Non si può parlare di Gerusalemme senza amarla

"Amarla di  quell'amore con cui l'ha amata  Davide, nell'interpretazione moderna  di Carlo Coccioli che gli fa dire "Ah! se avevo amato Gerusalemme, se l'avevo amata contemplandola dall'esterno,ne impazzii letteralmente,pazzia d'amore,valutando dall'interno la sua bellezza indescrivibile.Certo non vi era al mondo altrettanto desiderabile città.eco inebriante di una dimensione spirituale dello spazio.dove il cielo si chinava sulla terra e la sposava.Come non invidiare Sion l'incomparabile?


Oppure esprimersi con le parole di un midrash "Dieci porzioni di bellezza sono state accordate al mondo dal Creatore  e Gerusalemme ne ha ricevuto nove.Dieci porzioni di scienza  sono state accordate al mondo dal Creatore  e Gerusalemme ne ha ricevuto nove.Dieci porzioni di sofferenza sono state accordate al mondo dal Creatore  e Gerusalemme ne ha ricevuto nove.!"


Israele, radice santa