giovedì 24 dicembre 2020
METAFISICA E ANTISEMITISMO I Quaderni neri di Heidegger tra filosofia e politica
giovedì 10 dicembre 2020
Intervista a rav Meni Steinsaltz: figlio di Rav Adin Even-Israel Steinsaltz, da pochi mesi scomparso
Il testo completo dell'intervista sta in
Tra i tanti insegnamenti di vita da lui trasmessi, quale ti porti sempre appresso? |
Che esiste l’infinito. Che si può sempre aggiungere ancora un po’ di contenuto al recipiente. | Cos'altro non sappiamo di lui ? Che diceva sempre che non bisogna essere persone troppo pie.Diceva che quando uno è troppo pio, nasconde sicuramente qualcosa. Perde quasi di autenticità. La fede è una cosa semplice, non bisogna complicare troppo le cose. A volte si arrabbiava e diceva: “Ma chi sei tu? Chi ti ha dato l’autorizzazione di essere così pio?”. |
martedì 1 dicembre 2020
Fede e vita nel giudaismo
domenica 29 novembre 2020
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma intervistato dal quotidiano Libero. La Buona Speranza Seconda Parte
sta in
Come ha reagito la sua comunità alla pandemia? E al lockdown?
«Come tutti: vivendo preoccupazioni, angosce, nevrosi indotte. E le difficoltà economiche che in alcuni casi sono state disastri micidiali. Per l’organizzazione comunitaria abbiamo dovuto fare sacrifici molto grandi».
Quali?
«La vita religiosa in sinagoga e in grandi riunioni familiari è entrata in crisi, come il sistema di insegnamento. Però il mondo digitale ci ha spalancato platee di persone interessate che nemmeno pensavamo esistessero».
Avete perso molti membri della comunità?
«Sì, d’altro canto il virus del Covid non è razzista».
Qualcuno tra voi ha pensato che il Covid fosse una punizione divina?
«Quando si parla in termini biblici di epidemie, esiste anche il tema della punizione. Ma oggi, nel nostro modo di concepire le cose, questo non è accettato. Piuttosto è il tema della responsabilità, che non può essere eluso».
Responsabilità da parte di chi?
«Se le cose vanno male esiste sempre una parte di responsabilità umana».
Prima ha evocato altre pandemie della storia. A quali si riferisce?
«La pestilenza del 1656 arrivò a Roma da Napoli. Ho tradotto le pagine del diario di un rabbino, Zahalon, che era anche un medico, che fu incaricato di gestire l’emergenza della comunità in quel momento. Le autorità pontificie sbarrarono i cancelli del ghetto e nella piazza antistante eressero una forca per dissuadere dalla disobbedienza. All’interno costruirono un lazzaretto. Era un regime terroristico. E ci furono tantissimi morti».
La prova terribile della Shoah non ha indotto il popolo ebraico a dubitare dell’esistenza di Dio?
«La Shoah è stata attraversata da non credenti che sono rimasti tali, da persone che prima credevano e poi non hanno più creduto, e da tanti altri uomini e donne che invece si sono rafforzati nella fede. Il popolo ebraico ha un rapporto dinamico con il suo Creatore. Sa bene che la sua è una storia difficile, fatta di conflitti. Malgrado questo in molti di noi c’è una fede incrollabile».
La strage accanto alla Sinagoga di Vienna è l’ennesimo ritorno dell’antisemitismo?
«Ancora non è ben chiaro cosa sia successo. Abbiamo di fronte un avversario per il quale l’odio antiebraico è solo un condimento di una pietanza più complessa, in cui ci sono l’Occidente, il cristianesimo, l’ebraismo».
Esiste un antisemitismo di sinistra?
«Come no, è quello che gioca sull’equivoco dei poveri contro i ricchi, identificando erroneamente gli ebrei come detentori dei poteri economici. Un vizietto che già compare nel giovane Marx, per quanto fosse il nipote di un rabbino».
Chi è Gesù per gli ebrei?
«Prima di tutto un figlio del nostro popolo. Neghiamo che sia Dio e che sia il Messia, o un profeta. Ma comunque lo riconosciamo come parte della nostra storia».
Quando venne papa Francesco in sinagoga le disse che voleva discutere di teologia…
«E io risposi di no, perché ognuno ha la sua. Avere un dialogo non significa necessariamente andare d’accordo».
Cosa è la speranza per un ebreo?
«Intanto diciamo che c’è speranza. Poi ci possono essere speranze individuali e collettive. Ma soprattutto non basta dire speranza, deve essere buona speranza».
Perché buona?
«È un termine antico che compare nelle nostre preghiere, c’è speranza e speranza. E non è un caso che quando nel 1487 Diaz raggiunse un punto molto a Sud dell’Africa e gli diede il nome di capo delle Tempeste, alla corte portoghese qualcuno suggerì di non chiamarlo con un termine così negativo, ma con un nome beneaugurale. E dalla memoria inconfessabile di qualcuno che aveva imparato le preghiere ebraiche uscì, appunto, Buona Speranza».
martedì 24 novembre 2020
Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma intervistato dal quotidiano Libero. Prima Parte
sta in
Per capire come gli ebrei pensano la morte e l’Aldilà bisogna andare nel ghetto di Roma. Uno dei posti dove è passata la Storia. Il cuore della più antica comunità ebraica del mondo fuori dalla Terra Promessa, violato il 16 ottobre 1943 dai rastrellamenti dei nazisti, è custodito da quasi vent’ anni dal rabbino capoRiccardo Di Segni. Gli ebrei sono i nostri fratelli maggiori, come diceva Giovanni Paolo II, e per sapere come immaginano l’oltretomba e la vita eterna ho parlato con lui.
Rabbino Di Segni, com’è l’Aldilà per gli ebrei?
«Al riguardo abbiamo molte idee, e anche principi di fede; ma non è un tema definito con estrema precisione dottrinale. Si parla in particolare di un principio: la resurrezione dei morti».
C’è una vita oltre la morte?
«In un momento della storia o dopo la storia, tutti coloro che hanno vissuto in questo mondo torneranno a vivere. Questo è un principio che noi ripetiamo tre volte al giorno nelle preghiere, benedicendo il Signore che resuscita i morti. Quando questo accada, però, non lo sappiamo. C’è un’idea fondamentale: l’Olam Abbà, cioè il mondo a venire, la dimensione dove entrano tutte le persone che sono state su questa terra e che ora non ci sono più».
Ci spiega meglio, rabbino, l’Olam Abbà?
«Cosa sia esattamente è un po’ azzardato definirlo. È il luogo in cui i giusti saranno premiati, mentre chi non si è comportato giustamente dovrà scontare delle punizioni. Ma nella religione ebraica l’attenzione e la concentrazione sono sulla vita in questo mondo, su quello che dobbiamo fare qui. È molto raro che un maestro dica: “Fate così, perché così andrete nel (cosiddetto) Paradiso”».
Ma allora anche per gli ebrei esistono il Paradiso, il Purgatorio e l’Inferno?
«La parola Paradiso, che a quanto pare è di origine persiana, in ebraico rabbinico è il Pardes, che indica un frutteto. Usiamo piuttosto il termine “giardino dell’Eden”, dal quale l’uomo è stato cacciato e che può essere il luogo in cui le anime tornano. Alcuni autori hanno parlato di qualcosa che assomiglia ai gironi infernali danteschi, su cui si dilunga lo Zohar (il libro dello Splendore, nda), mentre altri hanno omesso queste rappresentazioni».
E lei, come se lo immagina l’Aldilà?
«Non ci sono mai stato, per cui… (il rabbino sorride). Non è al centro delle mie attenzioni. Mi preoccupano di più le difficoltà terrene».
È vero che la resurrezione della carne deriva dall’Antico Testamento e dalla visione di Ezechiele?
«Il profeta Ezechiele (37, 1-14) la rappresenta in una profezia molto suggestiva: immagina una valle piena di scheletri e il Signore, parlando loro, li fa tornare piano piano in vita, infondendoli di spirito e ricoprendoli “di muscoli, tendini, carne e pelle”».
Chi spera di riabbracciare per primo nell’Aldilà?
«Bisognerà vedere se ci sarà un abbraccio, una contemplazione o un incontro. Non sappiamo quello che accadrà. Come principio di fede affermiamo che i morti torneranno a vivere. Come, dove, quando, in quali condizioni resta un grande punto interrogativo. L’idea essenziale è che con il passaggio della morte non finisce tutto perché è una transizione da uno stato all’altro».
Cosa intende per stato?
«Una situazione. Qualcuno per raccontarlo ha proposto un esempio molto suggestivo: la vita fetale, dove c’è una creatura che vive. Poi a un certo punto con il parto si esce in un mondo differente, si entra in un’altra dimensione».
E la morte? Come sono i funerali nell’ebraismo?
«Una persona che sta per lasciarci viene accompagnata negli ultimi momenti dai suoi cari o da un maestro che gli fa recitare alcuni dei nostri testi fondamentali. E lo invita a una confessione generica, senza entrare nei dettagli: “Abbiamo fatto… abbiamo peccato”. Ognuno, nel suo rapporto con il Creatore, ci mette quello che vuole. Senza raccontarlo agli altri».
E poi cosa avviene?
«Dopo il decesso, è prescritto nella Bibbia, bisogna provvedere il più rapidamente possibile, nello stesso giorno, a una sepoltura in terra. Quanto sia antica questa prescrizione lo documenta anche la notizia dei Vangeli su Gesù che dopo la crocifissione venne subito sepolto, prima del tramonto, nel rispetto dell’usanza ebraica. I riti sono essenziali, accompagnati dalla lettura di alcuni salmi e dalle manifestazioni di lutto, a cui sono tenuti i familiari stretti».
Di cosa si tratta?
«Per sette giorni dalla sepoltura chi ha perso un proprio caro deve rimanere in casa, ricevere gli amici e i parenti che lo consolano, rispettando alcuni divieti. Dopo una settimana può riprendere lentamente una vita normale, ma sobria. Ad esempio resta per un periodo l’interdizione a partecipare a feste e eventi pubblici».
Esistono anche altri riti?
«Al ritorno dal funerale i vicini portano alle persone in lutto cibi simbolici: caffè, lenticchie e un uovo sodo, che rappresentano tra l’altro la circolarità della vita».
Potete cremare i vostri morti?
«Prima della sepoltura facciamo un lavaggio del corpo, ma non la cremazione. È la scelta di una tradizione millenaria: il corpo deve tornare alla terra da cui è stato preso».
E andate a trovare chi non c’è più?
«Ci sono momenti speciali in cui si va al cimitero – in ebraico è chiamato Beth ha-kevaròth, “la casa delle tombe”, ma anche, metaforicamente, “la casa dei viventi” – come gli anniversari e le vigilie di alcune ricorrenze. Ma senza esagerare: il rispetto per i morti non deve trasformarsi in culto».
Dove va a finire l’anima?
«Alcuni dicono che abbiamo cinque anime; ma secondo qualche cabalista sono decine. L’anima dovrebbe tornare alla fonte originaria, a quello che è chiamato tecnicamente il deposito originario delle anime».
E la metempsicosi, la reincarnazione delle anime?
«Nell’ebraismo questa idea compare molto tardivamente. Si è fatta strada nella tradizione, ma non è accettata da tutti i maestri che stabiliscono la dottrina».
martedì 27 ottobre 2020
Testo del Kaddish, o Qaddish e Qadish (in aramaico קדיש, lett. Santificazione - plurale: Kaddishim)
RICCARDO DI SEGNI
https://digilander.libero.it/parasha/varie/edizioni/kadish/corpo.htm
Traduzione italiana
1 Sia magnificato e santificato il Suo grande nome
2 nel mondo che Egli ha creato conforme alla Sua volontà!
3 Venga il Suo Regno
4 e possa la Sua salvezza manifestarsi e il Suo unto arrivare
5 durante la vostra vita e la vostra esistenza
6 e durante l'esistenza di tutto il popolo d'Israele,
7 presto e nel più breve tempo! e dite, Amen.
Le successive due righe sono recitate dalla congregazione e poi dal conduttore:
8 Sia il Suo grande nome benedetto
9 per sempre e per tutta l'eternità!
10 Lodato, glorificato, innalzato
11 elevato, magnificato, celebrato, encomiato,
12 sia il nome del Santo Benedetto. Egli sia
13 al di sopra di ogni benedizione,
14 canto, celebrazione, e consolazion
15 che noi pronunciamo in questo mondo! E dite, Amen.
l Kaddish breve finisce qui.
Qui il "Kaddish completo" include:
16 Possano le preghiere e le suppliche
17 di tutto Israele
18 essere accettate dal loro Padre che sta in Cielo. E dite, Amen
Qui il "kaddish dei rabbini" (compreso il Kaddish dopo un siyum) include:
19 Su Israele e sui nostri Maestri, sui loro allievi
20 e sugli allievi dei loro allievi,
21 che si occupano della santa Torà
22 che si trovano in questo [santo]z luogo o in qualsiasi altro luogo
23 vi sia pace abbondante
24 e grazia e pietà e misericordia e salvezza
25 e alimento in larghezza
26 da parte del nostro Dio, Signore del cielo e della terra;
.27 e dite, Amen.
Tutte le varianti eccetto il Kaddish breve concludono:
28 Scenda dal cielo un'abbondante pace
29 ed una vita felice
30 soddisfazione, aiuto, consolazione, rifugio
31 guarigione, redenzione, perdono, espiazione
32 sollievo e salvezza
33 per noi e per tutto il Suo popolo [su di noi e su tutto] Israele; e dite, Amen
34 Colui che fa regnare la pace nell’alto dei cieli
35 nella Sua [infinita misericordia accordi pace a noi
36 e a tutta [la Sua nazione Israele; e dite, Amen.
Testo del Kaddish di sepoltura
Nel Kaddish della sepoltura e quello dopo un siyum secondo gli Aschenaziti,i, le righe 2-3 sono sostituite da:
(syum vedere https://it.wikipedia.org/wiki/Siyum
37 Nel mondo che verrà rinnovato
38 e in cui Egli darà vita ai morti
39 e li farà risorgere a vita eterna
40 e ricostruirà la città di Gerusalemme
41 e vi completerà il Suo tempio
42 ed estirperà culti stranieri dalla terra
43 e ristabilirà l'adorazione celeste al suo posto
44 e possa il Santo, che Egli sia benedetto,
45 regnare nel Suo splendore sovrano ...
Recenti aggiunte a Oseh Shalom
In alcuni libri di preghiere recenti – per esempio il Machzor riformato americano[8] – la riga 36 viene sostituita da:
36 su tutto Israele, e tutti coloro che vivono sulla terra; e dite: Amen.
Questo impegno ad estendere Oseh Shalom ai non ebrei sembra essere stata l'iniziativa del movimento ebraico liberale britannico nel 1967, con l'introduzione di v`al kol bnai Adam ("e su tutti i/le figli/e di Adamo"); queste parole continuano ad essere usate da alcune congregazioni nel Regno Unito.
https://it.wikipedia.org/wiki/Kaddish vi sai trovano le note di chiarificazione,il testo ebraico/aramaico e la traslitterazione
https://www.comunitaebraicabologna.it/it/cultura/benedizioni-e-preghiere/143-il-kaddish
lunedì 26 ottobre 2020
Le radici ebraiche del Padre nostro- DAL QADDISH AL PADRE NOSTRO Le radici ebraiche della preghiera cristiana
sabato 26 settembre 2020
Jean-Paul Sartre in “L’antisemitismo – Riflessioni sulla questione ebraicaRiflessioni sulla questione antisemita. Delphine Horvilleur
"L’antisemitismo, in una parola, è la paura di fronte alla condizione umana. L’antisemita è l’uomo che vuole essere roccia spietata, un torrente furioso, fulmine devastatore: tutto fuorché un uomo."
La frase: “Io odio gli ebrei” è di quelle che si pronunziano in gruppo; pronunziandola, ci si riattacca ad una tradizione e ad una comunità: quella dei mediocri.
… l’ebreo oggetto di tanta esecrazione, è completamente innocente e direi anzi inoffensivo.
C’è una sincerità, una giovinezza, un calore nelle manifestazioni di amicizia di un ebreo come raramente si potrà trovare in un cristiano, invischiato nelle sue tradizioni e nelle sue cerimonie. Da ciò deriva anche il carattere disarmato della sofferenza ebraica, la più sconvolgente delle sofferenze.
Dopo la sua emancipazione, cioè da un secolo e mezzo circa a questa arte, l’ebreo tenta di farsi accettare da una società che lo respinge.
…bisognerà dimostrare a ciascuno che il destino degli ebrei è il suo destino.
" ---è un uomo che ha paura. Non degli ebrei, certamente: ma di sé stesso, della sua coscienza, della sua libertà, dei suoi istinti, delle sue responsabilità, della solitudine, del cambiamento della società e del mondo; di tutto meno degli ebrei… Sceglie la permanenza e l’impenetrabilità della pietra, l’irresponsabilità totale del guerriero che obbedisce ai suoi capi, ed egli non ha un capo. Sceglie di non acquistare niente, di non meritare niente, ma che tutto gli sia dovuto per nascita – e non è nobile. Sceglie infine che il Bene sia bell’è fatto, fuori discussione, intoccabile… L’ebreo qui è solo un pretesto: altrove ci si servirà del negro o del giallo».
Anche nel democratico più liberale si può nascondere una sfumatura di antisemitismo: egli è ostile all'ebreo nella misura in cui questi osa pensarsi, appunto, ebreo.
https://www.festivalsophia.it/2019/06/27/unatantumsartre-e-lantisemitismo/
Sartre aveva mostrato nelle Riflessioni sulla questione ebraica come l’ebreo sia definito in forma inversa attraverso lo sguardo dell’antisemita. Delphine Horvilleur sceglie qui di fare il contrario: esplorare l’antisemitismo attraverso i testi sacri, la tradizione rabbinica e le leggende ebraiche. Horvilleur analizza la particola coscienza che gli ebrei hanno di ciò che abita la psiche antisemita nel corso del tempo: l’ebreo è di volta in volta rimproverato di impedire al mondo di fare «tutto»; di confiscare qualche cosa al gruppo, alla nazione o all’individuo; di mancare di virilità e di incarnare il femminino, la mancanza, l’assenza, la faglia identitaria che minaccia l’integrità della comunità. L’esegesi di questa letteratura è a maggior ragione più rilevante in quanto i motivi ricorrenti dell’antisemitismo sono oggi rivitalizzati nel discorso dell’estrema destra e dell’estrema sinistra. Questo libro offre gli strumenti di resilienza per sfuggire al ripiegamento identitario: la tradizione rabbinica non si preoccupa tanto di venire a capo dell’odio verso gli ebrei (fatica sprecata...) quanto di offrire armi per premunirsi contro di esso. Esso inoltre, per chi lo sappia leggere, rappresenta una via d’uscita dalla competizione vittimaria che caratterizza i nostri tempi di odio ed esclusione.
"L’ebreo è sovente odiato non per ciò che NON HA ma per ciò che HA. Non lo si accusa di avere meno, bensì di possedere ciò che spetta a noi altri e che è stato senz’altro usurpato."
mercoledì 9 settembre 2020
Addio allo scrittore e studioso Amos Luzzatto
Medico, biblista, presidente delle comunità ebraiche italiane, Luzzatto è stato una figura centrale dell'ebraismo italiano del dopoguerra. Si è spento a Venezia a 92 anni
Uomo profondamente buono e interessato all'essere umano definì la svolta razzista del fascismo non tanto l'introduzione delle leggi razziali, ma, ben prima, la campagna antietiope che portò l'Italia ad attaccare un'altra nazione cristiana con una propaganda che definifa gli africani "esseri inferiori".
"Proprio questo", spiegò, "è quello che mi fa temere un ritorno a tempi che inevitabilmente portano a una guerra e distruzione di vaste proporzioni: quando la propaganda attacca gli esseri umani in quanto tali e fa bassa politica di partito arrivando a dividere gli uomini per colore della pelle solo per assicurare una poltrona a candidati che altrimenti non saprebbero come sbarcare il lunario".
In “Conta e racconta: memorie di un ebreo di sinistra”, pubblicato nel 2008 da Mursia in occasione dei suoi 80 anni, Amos Luzzatto faceva il bilancio della sua vita piena di sfide nel segno delle radici e dei molti straordinari antenati di cui conservava la memoria. Dal nonno materno, il rabbino e intellettuale Dante Lattes, al poeta, esegeta ed ebraista Samuel David Luzzatto, suo trisavolo, conosciuto anche come Shadal. Tra i suoi cugini il grande intellettuale triestino Giorgio Voghera. “Il mio nome esatto è Amos Michelangelo Luzzatto, figlio di Leone Michele e di Emilia Lina Lattes - scriveva nell'autobiografia - La mia famiglia è molto composita. I Luzzatto sono originariamente ebrei veneti, giunti, pare, dalla Lusazia, rintracciabili alla fine del XV secolo fra Venezia, il Friuli e il Veneto orientale. La lapide della tomba sul punto più elevato del cimitero ebraico di Conegliano Veneto appartiene a un Luzzatto e ne presenta lo stemma: un gallo che tiene tre spighe in una zampa, sormontato da una mezzaluna e da tre stelle a cinque punte”.
https://www.ilmattino.it/cultura/libri/amos_luzzatto_morto_oggi_ebrei-5452496.html
mercoledì 2 settembre 2020
Dalla "Haggadah di Pesach secondo l’uso della comunità ebraica di Roma

giovedì 27 agosto 2020
Ascolta, Israele, il Signore è il nostro D-o, il Signore è Uno.


venerdì 14 agosto 2020
Comandamenti del poeta a Dio [che solo un figlio legittimo, un ebreo, può concepire: noi figli adottivi no - ndr-Leonardo Lenzi]

Comandamenti del poeta a Dio
[che solo un figlio legittimo, un ebreo, può concepire: noi figli adottivi no - ndr-Leonardo Lenzi]
domenica 26 luglio 2020
Bernard-Henri Lévy -il“ lungo grido di odio che, da secoli, perseguita il Popolo della Parola“

sabato 11 luglio 2020
INTERVISTA A ENNIO MORRICONE (23 Marzo 2014)

Mi pare fosse il 1940 o '41. C'era la guerra. Roma invasa dai tedeschi. Avvertivo un senso di disperazione e di frenesia. Era la fame a scatenare i sentimenti più tristi. Con le tessere in dotazione non riuscivamo a soddisfare l'acquisto del pane e della pasta. Ma la cosa peggiore fu un'altra".
"In quel periodo non sapevamo niente degli ebrei che venivano fermati, arrestati, deportati. E questo accadeva anche a pochi passi da casa. Ancora oggi avverto un lancinante dolore per quelle storie ignorate, per quei drammi invisibili dei quali siamo stati ampiamente inconsapevoli".
Sapere è importante?
"Lo è per decidere. Se dici: ignoravo ciò che è accaduto, poi ti devi chiedere: vale come giustificazione?"
"Oggi penso che anche il non sapere sia una forma di responsabilità".
https://www.repubblica.it/cultura/2014/03/23/news/morricone_la_musica_mi_ha_salvato_da_fame_e_guerra_ma_l_arte_puro_talento_la_sofferenza_non_c_entra-81694317/?ref=search
giovedì 2 luglio 2020
Certe cose non si dimenticano maiYair Agmon

https://www.kolot.it/2020/05/17/certe-cose-non-si-dimenticano-mai/#more-10370