Circa trentacinque anni fa, in un inverno romano, Rav Elia Samuele Artom saliva verso il suo mondo. Giorni prima, durante una lezione di torah, si era bloccato con le labbra viola, per un dolore al petto. Dopo qualche secondo aveva ripreso, rifiutando di interrompere l’insegnamento. Dopo Moshè Chaim Luzzatto, è stato il maestro italiano i cui scritti sono stati più studiati in tutto il mondo. Decine di migliaia, e forse più, di cosiddetti laici e di cosiddetti religiosi hanno letto e capito il Tanàkh, appoggiandosi sul suo commento.
...Con la stessa intensità era evidente da ogni sua parola che lo studio della torah è uno studio per praticare; che senza la pratica è impossibile capire la teoria; che la torah fornisce delle risposte soltanto quando si cerca, in profondità, il pensiero autentico della torah e non una conferma a posteriori di qualche propria idea preconcetta... per ricordarci appunto che la torah va seguita e non adorata. In fondo, per quale motivo Moshè ha rotto le Tavole della Legge come risposta al vitello d’oro?
.. La ricerca dell’estasi religiosa può diventare una fuga etica. L’agnosticismo può diventare una compiaciuta ed onnipotente contemplazione dei propri dubbi. Parlare troppo su D-o può diventare un modo di nascondersi dalla torah.
..Nel Talmud è detto che la caratteristica fondamentale degli ebrei è il pudore. Dopo Rav E.S. Artom non ho conosciuto nessuno che avesse tanto pudore nell’essere ebreo.
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