venerdì 28 gennaio 2022

Ogni 27 gennaio da condividere le parole di Ezio Bosso





Io ne ho memoria. 

in quei giorni mi avrebbero messo un nero, quello per gli Asociali, che erano i "disabili" o prostitute, i malati o semplici oppositori: i diversi ci chiamavano. 

Ho memoria del rosso per i comunisti, gli anarchici  e gli oppositori politici fossero anche sacerdoti. 

Del giallo per gli ebrei. 

Del viola per testimoni di Geova. 

Ho memoria del marrone degli zingari 

e del blu per i tedeschi antifascisti. 

Ho memoria del rosa degli omosessuali. 

Erano triangoli. 

Erano i miei fratelli e le mie sorelle.  

A volte facevano la musica come me. 

E io sono tutti loro. Sono tutti quei colori.

Per questo ho memoria di quei triangoli e continuerò ad averla. 

Perché sono tutti quei triangoli. 

Lo siamo tutti.

E quindi avrò memoria.

Oggi come ieri, come domani

giovedì 27 gennaio 2022

LA STRAGE DIMENTICATA DEGLI EBREI SICILIANI










https://ricerca.repubblica.it/repubblica/archivio/repubblica/2012/01/03/la-strage-dimenticata-degli-ebrei-siciliani.html


"Viva Maria periscan gli Ebrei": i modicani di religione cristiana, nel 1474, armati di spade, lance e balestre, insorsero uccidendo più di trecento ebrei




Giacchè il tempo cancella tutto ciò che non viene ricordato, nel gennaio del 2017, in occasione della “Giornata della Memoria”, gli studenti del Liceo “Galilei-Campailla” di Modica, sotto la guida attenta di Magistrati ed Avvocati di quel Foro, con l’intervento dell’associazione Charta delle Judecche, nel rispetto delle norme della procedura penale, hanno rappresentato al pubblico un processo ai responsabili dell’eccidio che ha insanguinato la loro cittadina, con un giudizio di magistrati più attenti ed imparziali di quanto non lo siano stati quelli del momento, che ha prodotto una sentenza di condanna per gli istigatori ed i responsabili. Una sentenza “alla storia” che ha il duplice merito di far luce su una verità imbarazzante e di essere monito alle future generazioni.


https://qds.it/leccidio-di-modica/


https://www.giovannimodicascala.it/scritti/bibliografia/05-le-comunita-ebraiche-nella-contea-di-modica/05-15agosto1474/



sabato 22 gennaio 2022

Illuminismo e questione ebraica-Hannah Arendt





“La moderna questione ebraica nasce nell’illuminismo; l’illuminismo, cioè il mondo non ebraico l’ha posta”. Con queste parole ha inizio il saggio Illuminismo e questione ebraica, inedito in italiano, scritto da Hannah Arendt all’età di venticinque anni e pubblicato ancora prima della sua fuga della Germania nazista. Per la lucidità dell’analisi, la limpidità della scrittura e il rigore argomentativo, queste pagine sono ben più che un semplice documento storico e biografico e restano a tutt’oggi una delle migliori esposizioni delle contraddizioni e delle aporie che hanno accompagnato, fin dall’inizio, l’assimilazione degli ebrei d’Europa. Analizzando le posizioni di grandi pensatori illuministi, ebrei e non, come Lessing, Mendelssohn e Herder a proposito di quella che da Marx in poi sarà chiamata la “questione ebraica”, la Arendt, di cui l’anno prossimo ricorre il centenario della nascita, ricostruisce le premesse dell’antisemitismo tedesco, da una parte, ma anche concetti come educazione, tolleranza, umanesimo. I

In questo breve e lucido testo, Hannah Arendt, che ha solo ventisei anni, si confronta per la prima volta con la cosiddetta questione ebraica, la cui origine viene rintracciata nell'illuminismo e nell'universalità del suo concetto di ragione e di tolleranza religiosa. Ripercorrendo le analisi di Lessing e di Mendelssohn, ma anche dei fautori dell'assimilazione, e dei primi romantici come Herder e Schleiermacher, Arendt delinea la posizione fin da principio paradossale che viene attribuita al popolo ebraico: stretto fra l'universalità astorica dell'illuminismo che ne fa un popolo uguale a tutti gli altri, anche a costo di sacrificarne la specificità, e lo storicismo romantico che sottolineandone l'eccezionaiità lascia intravedere la strada dell'antisemitismo.




La “questione ebraica”, ovvero il tema della tolleranza e dell’emancipazione della minoranza ebraica da secoli discriminata o ghettizzata, si era affermata proprio con l’Illuminismo e gli illuministi l’avevano imposta già nell’agenda politica dei “sovrani illuminati”, per essere riconfermata nelle rivoluzioni liberali della prima metà dell’Ottocento (non a caso, La questione ebraica è il titolo di un libro fondamentale nella produzione di Marx, del 1843, dove ai sostenitori dell’emancipazione politica attraverso l’estensione universale dei diritti civili, anche agli ebrei, Marx replica denunciando i limiti intrinseci dell’emancipazione politica, a fronte dello scarto tra gli eguali diritti proclamati in astratto e le concrete condizioni di diseguaglianza presenti nella società). Questo tema sarà ricorrente per tutto il XIX secolo in Europa, anche se maggiormente in Francia e in Germania rispetto ad altri Paesi europei, e, quindi, uno dei modi migliori per dichiarare morte ai valori dell’Illuminismo sarebbe stato proprio scagliarsi contro gli ebrei e archiviare, con il tema dell’emancipazione degli ebrei, il simbolo essenziale dell’Illuminismo. La presenza nella coscienza collettiva e nel dibattito intellettuale del nesso tra illuminismo e questione ebraica trova peraltro conferma in un articolo[5] di Hannah Arendt, pubblicato sulla Zeitschrift für Geschichte der Juden in Deutschland, alcuni mesi prima della nomina a cancelliere della Repubblica federale di Adolf Hitler, in cui la giovane filosofa ripercorreva il modo in cui gli stessi intellettuali ebrei (Lessing, Mendelssohn, Dohm) si collocavano nella tradizione illuminista, oscillando tra l’invito a mantenere la religione ebraica come “religione della ragione” o a rinunciarvi per una piena “naturalizzazione” e assimilazione nella società tedesca e europea. E certamente, come ci ricorda André Glucksmann, nel suo controverso libro-manifesto dei nouveaux philosophes[6], giocò nella scelta degli ebrei anche l’immagine di “nemico interno” costruita filosoficamente dagli idealisti tedeschi, che vi videro i rappresentanti o di uno “Stato nello Stato” (Fichte), nutrito e compattato dall’ostilità per il resto del genere umano, o peggio ancora, di un “anti-Stato” (Hegel), esempio aberrante di comunità che scardina l’equazione tra popolo, nazione, Stato e, quindi, ancora più inquietante agli occhi un movimento culturale politico come quello fascista e nazista, esplicitamente nazionalista, illiberale e razzista. Bisogna aggiungere che, in questo attacco all’Illuminismo, che venne quasi naturalmente a combinarsi con l’attacco agli ebrei, il nazismo, rispetto al fascismo, con il suo dogma del Blut und Boden, si spinse oltre, fino a colpire la concezione dell’uomo ereditata dalla tradizione giudaico-cristiana, come aveva intuito Emmanuel Lévinas, in un articolo pubblicato nel 1934 sulla rivista Esprit: “L’essenza dell’uomo non è più nella libertà, ma in una sorta di incatenamento. Essere veramente se stessi, non significa risollevarsi al di sopra delle contingenze, sempre estranee alla libertà dell’Io: ma, al contrario, prendere coscienza dell’incatenamento originale, ineluttabile, unico al nostro corpo, significa soprattutto accettare questo incatenamento (…) Da questa concretizzazione dello spirito deriva immediatamente una società a base consanguinea (…) Incatenato al suo corpo, l’uomo si vede rifiutare il potere di sfuggire a se stesso”[7]. Un attacco, quindi, non solo all’Illuminismo e ai suoi valori (l’autonomia, la finalità umana delle nostre azioni, l’universalità morale e giuridica, senza distinzioni di razza, di ceto, di religione), ma anche alle radici spiritualiste da cui quei valori scaturivano nella loro distillazione secolarizzata.


https://www.casadellacultura.it/1021/giorno-della-memoria-perche-gli-ebrei-

venerdì 21 gennaio 2022

anche per Sabato 06/08/2022 - Sabato 22 /01/2022. Shabbat Shalom שבת שלום -


Ogni tanto si riesce a scrivere col cuore. E accade miracolo della letteratura: le parole colpiscono nel
segno. Trasmettono idee, immagini, emozioni che toccano, che entrano nel cuore altrui, e lì
agiscono; scatenando a loro volta idee, immagini, sentimenti, emozioni. È accaduto questo raro,
insondabile miracolo nel breve saggio L'ebraismo spiegato ai miei figli di Elena Loewenthal
(Bompiani). Che "non è un'introduzione all'ebraismo ( ) sono parole sparpagliate fra la testa e cuore,
fra gli occhi del corpo e quelli della mente, come si direbbe in ebraico" confida la scrittrice torinese
madre di tre figli, di 18, 12 e 11 anni. E queste parole sparpagliate ci guidano nel viaggio, da Abramo
ai nostri giorni, di quel popolo numericamente insignificante, ma reso compatto da un senso di
appartenenza alla propria storia che non ha uguali. Una delle immagini che meglio rendono la
continuità ebraica è quella della catena: "una catena in cui ognuno di noi non è altro che un piccolo
anello. Senza il quale però la catena si spezza". Non per nulla il termine ebraico toledot, che
generalmente si traduce come "storia", vuole anche dire "generazioni", anelli di una catena
alimentata dalla tradizione. Tante tappe di questo cammino. Alcune raggianti, lievi e fresche come la
brezza del mattino: come la parola cherut, che significa libertà, ma anche "incise" come le lettere e le
parole delle Tavole della Legge incise sulla pietra; come come la benedizione, l'essenza della
preghiera ebraica, di cui una delle più belle è "Benedetto il Signore che ha fatto il mondo vario!", che
l'ebreo osservante è tenuto a recitare di fronte a fatti che non riesce a comprendere; come il tipico,
significativo saluto, Lechayim, Alla vita!; come la tintinnante parola shalshelet che significa catena,
appunto, pregna del senso di responsabilità personale di ogni azione dell'ebreo: perché "ogni azione
può avvicinare o allontanare l'ora della venuta del Messia". Altre tappe tristi, cupe: l'esilio Babilonese.
La Diaspora. Poi, una punta senza uguali, terribilmente tragica: la Shoah. Poi il progetto gioioso dei
sionisti di fine Ottocento - il ritorno a Gerusalemme per essere un popolo come gli altri, con un
territorio su cui esercitare la propria sovranità - diventato una realtà. Che spalanca però le porte
all'ultima tragedia. Nel 1948 l'Onu prese quella Palestina che per secoli era stata dominio turco e poi,
dopo la prima guerra mondiale, mandato britannico, e la spartì in due: un pezzo agli ebrei, un pezzo
agli arabi. Ma non se ne fece nulla e quel giorno nacque il conflitto arabo-israeliano. Un nuovo orrore,
per dire il quale anche a Elena Loewenthal ancora mancano le parole. 


ELENA LOEWENTHAL ènata a Torino nel 1960. Lavora da anni su testi della tradizione ebraica. Ha pubblicato: per Frassinelli
Figli di Sara e Abramo, Lo strappo dell'anima; per Adelphi Le leggende degli ebrei; per Baldini &
Castoldi Buon appetito Elia. Manuale di cucina ebraica, Enciclopedia della risata ebraica; per Idealibri
Ebraismo, le grandi religioni. Nel '97 ha vinto il premio Andersen con I bottoni del signor Montefiore e
altre storie ebraiche (Einaudi). Collabora con La Stampa. Sacerdoti del mondo 


Incontro con Elena Loewenthal 

Che cosa significa per gli ebrei d'oggi essere parte "popolo eletto"? Nel tuo libro scrivi
che il termine ebreo, ivrì,"colui che sta dall'altra parte", appioppato per primo ad Abramo, getta luce
su questa elezione "Come spiego appunto in quelle poche pagine, Abramo è colui che parte verso un
al di là della storia: recide gli idoli, copre una lunga distanza, è solo nella sua impresa di Con lui
nasce quell'attitudine ebraica a trovarsi, volenti nolenti, dall'altra parte dell'identità altrui. Il popolo
ebraico è "eletto" non certo perché si senta superiore agli più vicino a Dio. L'elezione di Israele è una
specie di lavoro: non significa godere di più diritti degli altri, bensì l'essere stati scelti come sacerdoti
dell'umanità". In cosa consiste questo compito sacerdotale dell'ebreo? "Nel coltivare la Torah e la
siepe che sta intorno ad essa, con le opere e le parole. Osservando i precetti, rispettando per intero
la legge biblica, studiando la Bibbia, ripetendola e cercando ciò che racchiude nel senso implicito.
Fare da sacerdoti nel mondo è il lavoro specifico dell'ebreo, mentre altri invece coltivano la terra,
confezionano abiti, portano l'acqua, studiano ". "Scegli la vita!" è il filo conduttore dell'elaborazione
ebraica fin dai tempi biblici. Come si è realizzata questa scelta nella vita degli ebrei? "Così, appunto,
scegliendo la vita, scegliendo di sopravvivere piuttosto che rinunciare, vivendo con l'imperativo della
trasmissione, della fede e della vita. "Scegli la vita!" è il precetto fondamentale dell'ebraismo che va
preso alla lettera, tale qual è. Se non altro per obbedienza a Dio, dunque, gli ebrei sono
sopravvissuti". La Terra Promessa, da Abramo a Mosè in poi, ha avuto alcune caratteristiche: che
era sì promessa dall'Altissimo, ma era già occupata da altri; implicava lotta per la sopravvivenza o
per la conquista o per la fatica del vivere fianco a fianco ad
altri popoli; poi oggi c'era domani non c'era più. Che significato ha per te la Terra Promessa? "Per me
significa sapere di avere un luogo che mi appartiene e cui appartengo, è un polo della mia identità. È
rifugio e concretezza della propria storia. Fa parte della mia dimensione dell'identità ebraica". E la
domanda corre inevitabilmente alla situazione odierna. Pare di essere alquanto lontani da una
soluzione pacifica della situazione che si è creata fra palestinesi e israeliani. In cosa riponi la
speranza che ciò accada? "Non sono un politico né un profeta. La speranza sta nel reciproco
riconoscimento. Non c'è alternativa alla convivenza ". Meir Shalev afferma che prima o poi si arriverà
alla pace in Medio Oriente perché palestinesi e israeliani sono fondamentalmente simili, e che ogni
giorno diventano ancora più simili. Tanto che secondo lui, quando la pace sarà più vicina, si diranno
a vicenda: "Chissà che cosa avevamo tanto da litigare ".Tu condividi questa visione? In cosa vedi
questa similitudine? "La similitudine è il frutto di una convivenza nolente sino ad ora, fianco a fianco,
nel condividere una terra. Non so se l'ipotesi futura di Shalev sia attendibile, può darsi. Io ritengo
comunque che sia inevitabile che ebrei e palestinesi imparino a convivere e a rispettarsi
reciprocamente, prima o poi, su quella piccola terra, dove si sta stretti e lo spazio basta solo se ci si
sopporta a vicenda 





mercoledì 19 gennaio 2022

Jirì Langer: Le nove porte


"Dallo speciale mondo chiuso e anacronistico delle comunità chassidiche sperdute nelle grandi gelide pianure orientali non s'innalzerà mai più una voce. Il libro del ceco Jiri Langer "Le nove porte" è il documento meno mediato di cui oggi si possa disporre per avvicinare l'oscuro e luminoso regno dei chassidim, cuore di quell'universo perduto" (Sergio Quinzio).

Jiri era il fratello minore di Frantisek, Frantisek Langer, grande studioso di miti praghensi famoso per essere già in vita una leggenda della letteratura boema.

Jiri no.
Jiri scrisse questo solo libro, ma bastò.
Da Praga si spostò per tutta la vita attraverso i villaggi e le regioni abitati dagli Chassidim per riportarne aneddoti, storie didascaliche, memorie.Le nove porte è il risultato di questa Ricerca.
Libro filosofico, mistico, mitico e sacro...questa grande opera è tutto questo. Ed altro.
Prima di Buber, portato in tasca da Buber.(dal web)



sabato 15 gennaio 2022

Sabato 15 /01/2022. Shabbat Shalom שבת שלום -fine anni settanta del secolo scorso un possibile canto giudeo cristiano



Esci dalla tua terra e va'

dove ti mostrerò.

Esci dalla tua terra e va'

dove ti mostrerò.

Abramo non partire, non andare,

non lasciare la tua terra,

cosa speri di trovar?

La strada è sempre quella,

ma la gente è differente, ti è nemica,

dove speri di arrivar?

Quello che lasci tu lo conosci,

il tuo Signore cosa ti dà?

"Un popolo, la terra e la promessa",

parola di Jahvè:


Esci dalla tua terra...


La rete sulla spiaggia abbandonata

l'han lasciata i pescatori,

son partiti con Gesù.

La folla che osannava se n'è andata,

ma il silenzio una domanda

sembra ai dodici portar:

Quello che lasci tu lo conosci,

il tuo Signore cosa ti dà?

"Il centuplo quaggiù e l'eternità",

parola di Gesù.


Esci dalla tua terra...


Partire non è tutto certamente

c'è chi parte e non dà niente,

cerca solo libertà.

Partire con la fede nel Signore

con l'amore aperto a tutti

può cambiar l'umanità.

Quello che lasci tu lo conosci,

quello che porti vale di più.

"Andate e predicate il mio Vangelo",

parola di Gesù.


Esci dalla tua terra...


il canto sta in

https://www.youtube.com/watch?v=56QlRaUrcyg

lunedì 10 gennaio 2022

Gesù nel Talmud -la nascita del giudaismo dallo spirito del cristianesimo | Peter Schäfer



Sparsi lungo tutto il Talmud, lo scritto fondativo del giudaismo rabbinico, s’incontrano non pochi accenni a Gesù di Nazaret, ed è di questi che in una prospettiva inedita si occupa Peter Schäfer, in un saggio tanto documentato quanto avvincente. Passando per una tradizione testuale alquanto complessa, il Talmud non cessò mai di occuparsi di Gesù e del cristianesimo, anche e forse soprattutto dopo essere caduto sotto i rigori della censura cristiana in età medievale.

presentazione in lingua tedesca



presentazione in lingua inglese




Che la nascita del cristianesimo non possa spiegarsi senza il giudaismo antico oggi può essere considerato un luogo comune, al pari dell'idea che il "giudaismo" e il "cristianesimo" non siano state fin dall'inizio due "religioni" dai contorni precisi, l'una all'altra giustapposte o anche contrapposte. Che il giudaismo rabbinico dei primi secoli dell'era cristiana si sia sviluppato gradualmente, e che tale processo di formazione non possa essere considerato a prescindere dalla nascita del cristianesimo - questa è invece un'idea che soltanto negli ultimi anni ha iniziato a imporsi. Il volume di Peter Schäfer è appunto dedicato alle ripercussioni che sul giudaismo rabbinico ebbe verosimilmente il cristianesimo delle origini, e si distingue per partire non da problematiche sistematiche o storiche già date (né tantomeno per mirare a "dimostrar" tesi preconcette), ma per prendere come punto di partenza alcuni testi rabbinici accuratamente selezionati, situandoli in un contesto storico-religioso e storico-culturale più generale.




venerdì 7 gennaio 2022

Sabato 08/01/2022. Shabbat Shalom שבת שלום con Gershorn Scholern CONCETTI FONDAMENTALI DELL'EBRAISMO

 Concetti fondamentali dell'ebraismo - Gershom Scholem - copertina



Citazione dal capitolo Quarto. "PER LA COMPRENSIONE DELL'IDEA MESSIANICA NELL'EBRAISMO"

Ebraismo e cristianesimo si differenziano radicalmente intorno al con­ cetto di redenzione, deducendo da esso atteggiamenti essenzialmente divergenti circa il messianismo. L'ebraismo rigetta e combatte con in­ flessibile determinazione proprio ciò che il cristianesimo proclama co­ me il fondamento glorioso della sua intelligenza e come conquista posi­tiva del suo messaggio.

In tutte le sue forme e costruzioni, l'ebraismo si è infatti sempre attenuto a un concetto di redenzione come evento pubblico che si compie sulla scena della storia e nel cuore della comunità. Insomma, come evento che si produce essenzialmente nel mondo del visibile e che al di fuori di questo suo manifestarsi nel visibile è impensabile. Al contrario, il cristianesimo concepisce la redenzione come evento che accade nell'ambito dello <spirituale» e dell'invisibile: come un ac­cadimento che si produce nell'anima, nell'universo del singolo, indu­cendo una misteriosa trasformazione interiore che non  necessariamen­te corrisponde a un mutamento esteriore dell'ordine del mondo....

martedì 4 gennaio 2022

Sergio Quinzio. Radici ebraiche del moderno una prima antologia di citazioni


“Il pensiero ebraico religioso o laico direttamente o attraverso i fermenti sparsi ovunque dalla sua eresia cristiana, ha avuto un ruolo assolutamente decisivo nella formazione e nello sviluppo della modernità fino ai suoi esiti contemporanei"


“Non è importante far nomi, e se ne dovrebbero comunque far troppi, ma senza Marx e il marxismo, senza Freud e la psicoanalisi, senza Einstein e la relatività e senza Kafka, senza Wittgenstein, il mondo contemporaneo non sarebbe ciò che è. La giudaizzazione del mondo, che culmina nel nostro secolo (il XX°, nota del red.), consiste nell’affermarsi delle categorie ebraiche le quali, anche quando assumono vesti non ortodosse e persino esasperatamente lontane dalla tradizione, restano pur sempre riconoscibili come filiazioni o metamorfosi di una vocazione risalente, nella sua origine, alla rivelazione biblica.”


(La parabola della vedova importuna, narrata dal vangelo secondo Luca) "Questa giustizia, è stata davvero resa, da duemila anni a questa parte?"


“E’ facile dire che queste promesse sono superate, che appartengono ad un momento remoto della pedagogia divina attraverso la quale Dio innalza il popolo dei suoi fedeli alle verità spirituali, di cui i beni temporali sarebbero soltanto un simbolo. Ma sebbene tanti antichi Padri della chiesa l’abbiano detto, è difficile trovare, nella Bibbia, sostegni per una simile interpretazione platoneggiante."


“I passi che, in questo senso, si potrebbero citare dalle Scritture ebraiche sono centinaia. Ma fin dai primi secoli della Chiesa, di tutti questi passi e di ciascuno isolatamente venne fatta una lettura allegorica, secondo la quale i beni “materiali” promessi nell’antico Testamento (come se fosse solo materiale vivere senza angoscia sulla propria terra e vedere nella pace la propria sposa, i propri figli e figli dei propri figli!) non sono che il simbolo dei beni spirituali promessi ai beati nell’eternità celeste. Questa interpretazione ellenizzante è prevalsa nella tradizione ecclesiastica sia d’Oriente che d’Occidente, sebbene i Padri apostolici, più vicini alle origini neotestamentarie – ed in particolare sant’Ireneo, considerato l’iniziatore della teologia cattolica – fossero ancora pienamente consapevoli che la redazione cristiana riguardava non le realtà interiori e spirituali invisibili, bensì la concretezza dell’esistenza storica e della corporeità. Ma i vangeli, e in generale il nuovo Testamento, sono stati ben presto letti secondo una precomprensione di tipo neoplatonico, e il loro significato è stato trasposto."



“In una società in cui per guarire il cieco Gesù gli mette sugli occhi il fango che impasta con la propria saliva (Gv 6, 9), e in cui Gesù ripropone tante e tante volte come immagine della salvezza messianica il banchetto di nozze, proprio come avevano fatto i profeti, nessuno fra coloro che lo ascoltavano avrebbe potuto intendere che si trattava di figure allegoriche, che “banchetto” e “nozze”, così come ciechi che vedono e morti che risuscitano dovevano significare tutt’altro di ciò che da sempre avevano significato. A meno che Gesù non avesse insistentemente detto e spiegato il capovolgimento, cosa che dai vangeli non risulta. Le sue insistenze sono ben altre. Il linguaggio dei sinottici, e specialmente quello di Marco e di Matteo che sono i più antichi è inconfondibilmente più concreto.”