Una delle espressioni dell’ebraico più comune e conosciuta è “lechaim”. Certo, ci sono difficoltà, ma alla fine, concludiamo sempre che vale la pena sopportare i momenti dolorosi per provare i piaceri della vita. La Parashà di questa settimana, Tzav, descrive l’offerta di ringraziamento, il korban todà. Rashi afferma: Un uomo porta un’offerta di ringraziamento (nel Bet haMikdash) quando viene salvato da un potenziale pericolo. Ci sono quattro tipi di persone che offrivano questo korban: I viaggiatori per mare, i viaggiatori del deserto, coloro che sono usciti di prigione e un paziente gravemente malato che si è ripreso. Come dice il versetto nei Tehilim (107:22), “Dovrebbero rendere grazie a D-o per la Sua bontà e per le Sue meraviglie verso l’umanità” (Vayikrà 7:12). In modo interessante, la formula mnemonica per ricordare il gruppo di persone citato da Rashi è CHaYYiM – che significa “vita”, dalle cui lettere si possono comporre le parole Chavush (prigione), Yisurim (malattia), Yam (mare) e Midbar (deserto)] (Shulchan Aruch 219:1). Ai nostri tempi, realizziamo questo concetto quando recitiamo la beracha chiamata haGomel (“Colui che concede favori…”), con la quale ringraziamo D-o per averci salvato da possibili disastri perché desideriamo rimanere in vita.
È curioso notare che dopo aver sentito qualcuno recitare una berachà rispondiamo semplicemente “Amen”, con un’eccezione. Dopo aver sentito una persona recitare la Birkat haGomel, rispondiamo: “Amen, mi sheghemalcha kol tov Hu yigamlcha kol tov sela” – “Colui che ti ha concesso tutto il bene possa continuare a concederti tutto il bene”.
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