lunedì 27 aprile 2020

E dopo tanti anni lo rileggo Il Testamento di Dio Autore/i: Lévy Bernard-Henri L'ebreo universalista che si innamorò della Legge


• 01/09/2009 - Bollettino della comunità ebraica di Milano

L'ebreo universalista che si innamorò della Legge


Bernard-Henri-Levy-Il-testamento-di-dio-Sugarco

Anno pubblicazione:  

Dopo la Barbarie dal volto umano, ecco il nuovo libro di Bernard-Henri Lévy, del quale «Le Monde» ha detto: «Quando ci si invita ad aver ragione da soli contro l’Intera comunità, ad opporre l’inflessibilità del profeti, a testimoniare come sentinelle solitarie, quando si invoca l’esempio di Ezechiele, Saint John Perse, Camus o Solženlcyn, dubitare di questa parola significa privarsi di una bella occasione di credere e di sperare».
Il testamento di Dio va Infatti ben oltre i chiusi sentieri ormai isteriliti della cultura tradizionale di sinistra. Attraverso una analisi del totalitarismo nel suoi fondamenti «pagani e politeistici», attraverso lo smontaggio del paradossi su cui poggiano per esempio alcune posizioni della «autonomia» – libertaria e dogmatica insieme, negatrice dello stato e sua più fervida sostenitrice – il filosofo francese tocca questioni che coinvolgono anche il nostro Paese, con la sua abile spregiudicatezza che ha già destato tante polemiche. Così per Lévy i «nuovi comunisti», quelli italiani appunto, «non sono più gli ultimi professionisti della conquista del Politico ma i primi specialisti della gestione del sociale: l’altra faccia di questa gestione è la diffusione capillare degli avvertimenti, l’appiattimento del Politico sul civile, Il perfetto sposalizio tra l’apparato e la vita di tutti i giorni, insomma, la forma compiuta del terrore spirituale».
Il culto del Politico nasce dall’idolatria e dal nichilismo: allora il Politico giustifica tutti gli orrori, da Robespierre a Mao, da Hitler a Stalin al «fascista» Khomeini. «Il fatto che la Bibbia sia il libro della resistenza del nostro tempo vuol dire che la principale contraddizione entro cui questa nostra epoca si annoda e si mette in gioco è quella tra paganesimo e monoteismo». «Il monoteismo», conclude Lévy, «è il pensiero di resistenza della nostra epoca perché propone una definizione del male, una dottrina della giustizia, un’etica e una metafisica del tempo».

https://www.ossidiane.it/il-testamento-di-dio/

domenica 19 aprile 2020

Leggere la Torah





le letture fondamentaliste dei testi sacri proiettano sul nostro tempo un grave pericolo per la libertà. Gli studi scientifici, da parte loro, omettono il richiamo spirituale che tali testi esercitano. Questo saggio propone una lettura spirituale della Torà secondo la tradizione ebraica che si rivela altrettanto scrupolosa della lettura scientifica e che ne rende eterna la parola perché il suo senso è eternamente rinnovato. Leggere la Torà è un lavoro di interpretazione e nello stesso tempo un coinvolgimento del sé. Si tratta di elevarsi ed elevare il mondo. La Torà ci parla del nostro presente e non offre soluzioni preconfezionate: i versetti parlano al lettore qui e ora, sollecitano la sua intelligenza e il suo cuore a trovare risposte al cui centro vi sia sempre il volto dell’altro.



Per il testo della Torah



Testo in fascicoli, divisi per parashot. Ebraico con italiano a fronte.


Parashà, Parashòt
Parashà (singolare), Parashot (plurale) sono le 54 sezioni in cui
la tradizione ebraica divide il testo della Torà; prendono il nome, in ebraico, dalla prima parola significativa del testo.

Tale divisione consente, leggendosi nella lettura liturgica dello
Shabbat in sinagoga una parashà ogni settimana, di completare
il ciclo della Torà in un anno.

Non ha nulla a che fare con la divisione in capitoli (che non è
ebraica);

giovedì 9 aprile 2020

Venerdi Santo nella liturgia cattolica (cfr Vaticano II) Preghiera per il popolo d'Israele


Antica sacra scartare Torah rotolo d'argento Archivio Fotografico - 44023455

Per  un minimo di percezione  personale  Preghiera  a me molto gradita


il Signore Dio nostro,
che li scelse primi fra tutti gli uomini
ad accogliere la sua parola,
li aiuti a progredire sempre
nell’amore del suo nome

e nella fedeltà alla sua alleanza.

domenica 5 aprile 2020

UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI VERONA DIPARTIMENTO DI FILOSOFIA, PEDAGOGIA E PSICOLOGIA DOTTORATO DI RICERCA IN FILOSOFIA CICLO XXIII “RINVIO RECIPROCO E SEPARAZIONE IN OGNI TEMPO”. LA QUESTIONE EBRAICA COME QUESTIONE DELLA FILOSOFIA




file:///C:/Users/Pc-Scuola/Downloads/Rinvio_reciproco_e_separazione_in_ogni_t%20(1).pdf

INTRODUZIONE 4

1. ברית-TESTAMENTO 10
ADOLF VON HARNACK, MARCIONE E L’EREDITÀ IRREMISSIBILE....................................10

2. ESCLUSIONE 28
BRUNO BAUER, LA JUDENFRAGE E LA DISSOLUZIONE (TEISTA) DEL CRISTIANESIMO.............28

3. NEMICO 47
CARL SCHMITT, LA FEINDESLIEBE E L’EBREO-NEMICO.............................................47

4. PROFETA 60
DIETRICH BONHOEFFER, LA PROFEZIA E LA QUESTIONE EBRAICA..................................60

5. CRISTIANESIMO 82
JACOB TAUBES E LA CARNE IN CROCE DEL MESSIA.................................................82

6. CIRCONCISIONE 100
JACQUES DERRIDA E IL CHIASMO INFINITO.........................................................100

7. CONVERSIONE 122
FRANZ ROSENZWEIG E LA COMUNANZA-NON COMUNANZA GIUDEO-CRISTIANA.................122

8. POLITICA MESSIANICA 138

EMMANUEL LÉVINAS, L’AL DI LÀ DELLO STATO NELLO STATO E L’(IM)PRESCRIVIBILE OSPITALITÀ
............................................................................................................138
NOTA BIBLIOGRAFICA 157



"Una riflessione sulla questione ebraica non può prescindere dall'incontrare, lungo
il proprio cammino, il cristianesimo. Essa sarà dunque sempre chiamata, nella
inevitabilità di tale incontro, a pensare il cristianesimo stesso e a tentare di indicare
ciò che ne rappresenta il proprium, ammesso che si dia qualcosa come il proprio del
cristianesimo. Nella costitutiva ambiguità che lo segna, infatti, questo non si lascia
pensare come un blocco monolitico, quanto piuttosto come un campo di forze
attraversato, sin dalla sua origine, da tensioni e vibrazioni che contribuiscono a
definirne la fisionomia. All'interno di tale campo è la posizione che in esso occupa la
questione ebraica a determinarne, ex negativo tanto quanto ex positivo, le modifiche
profonde, ed al contempo a fornire il criterio attraverso il quale fare emergere il
cristianesimo per quello che esso è chiamato ad essere"




«Fu evidentemente la persecuzione nazista a farci sentire che gli ebrei erano nostri fratelli e l'ebraismo qualcosa di più che una cultura, e anzi più che una religione, ma il fondamento delle nostre relazioni con altri» ( M. Blanchot, Lettera a Salomon Malka, in «L'Arche», 373, maggio 1988, p. 68. )


" Nell’ebraismo e  nella ‘nostra’ relazione con esso sembra, al contrario, essere in gioco «il fondamento delle nostre relazioni con altri», ovvero la possibilità stessa di un incontro
radicalmente diverso con l’altro, in grado di riconoscerne la necessaria differenza"


"Bonhoeffer tiene nel 1928 una conferenza presso la comunità evangelica di
Barcellona dal titolo La tragedia del profetismo e il suo senso permanente . La
scelta stessa del titolo lascia intravedere come il profetismo sia, per Bonhoeffer, tutt’ altro che un’esperienza passata e conclusa, ma una necessità ancora viva ed
attuale, permanente, la cui articolazione contemporanea si tratta di leggere in
controluce nell ’analisi del profetismo ebraico e della figura del profeta. Scrive
Bonhoeffer: «Le questioni di cui tratteremo sono attuali nel senso più profondo […].
Ogni parola deve essere detta dal presente per il presente». Questa attualità del
profetismo non va intesa unicamente come la sua contemporaneità rispetto al
presente di Bonhoeffer, ma, innanzitutto, come contemporaneità della profezia
rispetto al proprio tempo. Questo è, infatti, uno degli aspetti decisivi del profeta: la
sua attualità rispetto al suo proprio mondo, la sua contemporaneità ad esso, ovvero il
suo parlare, appunto, dal presente per il presente. Si abbandona così la vulgata che
vuole il profeta biblico come anticipatore del futuro, come indovino di ciò che viene,
come se questo fosse un programma che fatalmente si dovrà realizzare . «Che cosa
è un profeta? – domanda Bonhoeffer – Qui prima di tutto dobbiamo respingere
semplicemente ogni concezione orientata a considerare un profeta come un indovino
o un anticipatore del futuro»  Egli non anticipa nulla, ma la sua predicazione è
totalmente contemporanea al suo tempo

 Jacques Derrida....Tra ebraismo e cristianesimo la circoncisione si darebbe, in altri termini,come un’aporia ineschivabile, che nel momento stesso in cui separa le due religioni,le tiene tuttavia assieme, come i due margini di una ferita: «La circoncisione – scrive Derrida – è una cesura determinante. Essa permette di tagliare ma anche, nello stesso tempo, con lo stesso taglio, di rimanere attaccati alla cesura»

Rosenzweig..... il servizio insostituibile della Sinagoga per l'Ecclesia 





Lévinas...... quando,ricordando Temurah 14b, scrive: «“Piuttosto una lettera strappata dalla Torah che la Torah strappata dalla memoria di Israele”