giovedì 13 febbraio 2020

il canto di Anna madre del profeta Samuele e il Magnificat Maria di Nazareth



Facciata della chiesa della Visitazione, Ain Karem  a Gerusalemme


Nel racconto biblico, Anna era una delle due mogli di Elkanah, essendo Peninna l'altra. Quest'ultima aveva già dato ad Elkana più di un figlio, mentre Anna no. Ciò non di meno Anna era la preferita del marito. Ogni anno Elkanah offriva un sacrificio al santuario di Silo, dandone una porzione a Penninna ed ai figli, ma ad Anna dava porzione doppia «…poiché egli l'amava, ed il Signore aveva chiuso il suo grembo»[1]. Un giorno ella si alzò e si recò al Tempio a pregare in silenzio mentre Eli, sommo sacerdote in Silo, sedeva sulla porta del medesimo. Anna si rivolgeva a Dio con queste parole: «Signore delle schiere, se vorrai finalmente riguardare alla condizione della tua serva, se vorrai ricordarti di me e non dimenticare la tua serva e le darai un figlio maschio, lo darò al signore per tutto il tempo della sua vita, né passerà il rasoio sul suo capo»[1] Vedendo Anna muovere le labbra senza emettere suono alcuno, Eli pensò che fosse ubriaca e la invitò a smaltire la sbornia prima di venire al Tempio. Ma Anna spiegò ad Eli che stava pregando per ottenere da Dio rimedio«…alla grandezza del mio dolore ed della mia angoscia» . Al che Eli le rispose: «Va' in pace e che Dio d'Israele esaudisca la tua richiesta, quella che hai fatta a lui».

Ella rientrò a casa, mangiò e bevve con il marito ed era piena di speranza. Poco dopo Anna rimase incinta e partorì un figlio, ma non si recò al Tempio ad offrire il sacrificio annuale, promettendo che lo avrebbe portato colà dopo lo svezzamento, progettando di portarlo ad Eli e lasciarlo a lui per essere allevato come un nazireo. Il I Libro di Samuele al capitolo 2 riporta il canto di ringraziamento di Anna al Signore, per averla esaudita:


Cantico di Anna
cfr  Luca 1,46-56


1 Allora Anna pregò e disse:
«Il mio cuore esulta nel SIGNORE,
il SIGNORE ha innalzato la mia potenza,
la mia bocca si apre contro i miei nemici
perché gioisco nella tua salvezza.
2 Nessuno è santo come il SIGNORE,
poiché non c'è altro Dio all'infuori di te;
e non c'è rocca pari al nostro Dio.
3 Non parlate più con tanto orgoglio;
non esca più l'arroganza dalla vostra bocca;
poiché il SIGNORE è un Dio che sa tutto
e da lui sono pesate le azioni dell'uomo.
4 L'arco dei potenti è spezzato,
ma quelli che vacillano sono rivestiti di forza.
5 Quelli che una volta erano sazi si offrono a giornata per il pane,
e quanti erano affamati ora hanno riposo.
La sterile partorisce sette volte,
ma la donna che aveva molti figli diventa fiacca.
6 Il SIGNORE fa morire e fa vivere;
fa scendere nel soggiorno dei morti e ne fa risalire.
7 Il SIGNORE fa impoverire e fa arricchire,
egli abbassa e innalza.
8 Alza il misero dalla polvere
e innalza il povero dal letame,
per farli sedere con i nobili,
per farli eredi di un trono di gloria;
poiché le colonne della terra sono del SIGNORE
e su queste ha poggiato il mondo.
9 Egli veglierà sui passi dei suoi fedeli,
ma gli empi periranno nelle tenebre;
infatti l'uomo non trionferà per la sua forza.
10 Gli avversari del SIGNORE saranno frantumati;
egli tuonerà contro di essi dal cielo;
il SIGNORE giudicherà l'estremità della terra
e darà forza al suo re;
innalzerà la potenza del suo unto».

11 Dopo, Elcana andò a casa sua a Rama e il bambino rimase a servire il SIGNORE sotto gli occhi del sacerdote Eli





Luca 1,46-56

Cantico di Maria
cfr 1S 2:1-10


46 E Maria disse:
«L'anima mia magnifica il Signore,
47 e lo spirito mio esulta in Dio, mio Salvatore,
48 perché egli ha guardato alla bassezza della sua serva.
Da ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata,
49 perché grandi cose mi ha fatte il Potente.
Santo è il suo nome;
50 e la sua misericordia si estende di generazione in generazione
su quelli che lo temono.
51 Egli ha operato potentemente con il suo braccio;
ha disperso quelli che erano superbi nei pensieri del loro cuore;
52 ha detronizzato i potenti,
e ha innalzato gli umili;
53 ha colmato di beni gli affamati,
e ha rimandato a mani vuote i ricchi.
54 Ha soccorso Israele, suo servitore,
ricordandosi della misericordia,
55 di cui aveva parlato ai nostri padri,
verso Abraamo e verso la sua discendenza per sempre».
56 Maria rimase con Elisabetta circa tre mesi; poi se ne tornò a casa sua.


lunedì 10 febbraio 2020

Sta' attento...



“Sta’ attento ai tuoi pensieri, perché diventano parole.
Sta’ attento alle tue parole, perché diventano azioni.
Sta’ attento alle tue azioni, perché diventano abitudini.
Sta’ attento alle tue abitudini, perché diventano il tuo carattere.
Sta’ attento al tuo carattere, perché diventa il tuo destino. ”(tratto dal Talmud)


domenica 9 febbraio 2020

Per il Cantico dei Cantici. dal web riflessione di Amelia Cuoco

L'immagine può contenere: spazio al chiuso

Da tempo non guardo il Festival di Sanremo in TV perché amo la vera musica tutt'al piu' successivamente ascolto qualche canzone .

Non disdegno Roberto Benigni, ma stavolta ha fatto flop! Adesso tutti sapranno che il Cantico dei Cantici è una canzonetta d'amore tra una coppia di giovani innamorati anche un po' hard..quando poi rappresenta in metafora il dialogo tra Dio( lo sposo) e la sua gente, Israele ( la sposa)
Povera cultura commercializzata povera arcaica simbologia dissacrata …

Il Cantico dei Cantici o semplicemente Cantico (ebraico שיר השירים, shìr hasshirìm, Cantico sublime; greco ᾎσμα ᾈσμάτων, ásma asmáton; latino Canticum Canticorum) è un testo contenuto nella Bibbia ebraica (Tanakh) e solo successivamente nella Bibbia cristiana.

Nella Religione ebraica, per la santità del contesto e del suo significato simbolico, il testo viene paragonato al luogo più santo ed interno del Tempio di Gerusalemme, il Qodesh haQodashim: il Cantico dei Cantici infatti include metaforicamente tutta la Torah. Ciascuna verità espressa in questo è preziosissima e cara agli ebrei.

Il Cantico dei Cantici è metafora del legame tra Dio ed il Popolo d'Israele.
Molte comunità ebraiche usano recitarlo prima della Tefillah dello Shabba

giovedì 6 febbraio 2020

Per parlare bene di Gerusalemme non si può utilizzare che il linguaggio della profezia, è il solo che non tradisca il piano di Dio .





Occorre che comprendiamo meglio il senso dell’appartenenza a Gerusalemme delle tre famiglie discendenti da Abramo: ciascuna vi si ritrova a  titoli diversi ma egualmente inscindibili. L’ebreo si sente in casa sua geograficamente ed anche storicamente,  è all’interno della sua storia biblica dalla fondazione della città,  e vi è  nel più profondo del suo cuore e tutta la sua vita ne è impregnata. “Che la mia destra si secchi se ti dimentico Gerusalemme!”  (Salmo 137): quando il popolo ebraico, esiliato e disperso, lanciava da “seder” a “seder”  il grido: “l’anno prossimo a Gerusalemme”, la sua identità si sviluppava in un tono tanto spirituale che temporale ed è al Muro del Pianto che si ritrova la tragica bellezza della fede ebraica. Per il cristiano,  Gerusalemme è la città in cui la sua fede è nata sulle tracce di Gesù che insegnava al Tempio il Vangelo dell’Amore, che spezzò al Cenacolo il pane di una Nuova Alleanza, che diede la propria vita sul Golgota, che salì al cielo e inviò lo Spirito della Pentecoste sulla Chiesa degli Apostoli. Per il musulmano, Gerusalemme è il luogo santo (Al Qods) in cui Maometto, cavalcando dalla Mecca la giumenta alata, fece l’esperienza mistica  e l’ascensione notturna, conversando con Abramo, Mosè e Gesù. È anche il rifugio degli ultimi credenti che saranno convocati, alla suprema egira, sulla spianata della Moschea Al Aqs. D’altronde, per le tre religioni, è a Gerusalemme che la tromba dei morti  risuonerà e richiamerà alla vita gli ebrei, i cristiani e i musulmani. Da qui, si capisce che tutti reclamino Gerusalemme, ma nessuno può rivendicarla escludendo gli altri. Gerusalemme non è un luogo che si possiede ma un luogo che ci possiede, un luogo in cui ciascuno deve svestirsi delle proprie cittadinanze  umane per essere completamente della sola cittadinanza che conta, quella di Dio. Per parlare bene di Gerusalemme non si può utilizzare che il linguaggio della profezia, è il solo che non tradisca il piano di Dio su ciò.  Niente di meno utopistico di una visione profetica, niente anche di più esigente poichè impegna a vivere già in anticipo qualcosa di questo avvenire di pace e di beatitudine.(“Gerusalemme, ogni popolo ha qui la sua patria” Card. Roger Etchegaray)


http://www.vatican.va/jubilee_2000/pilgrim/documents/ju_gp_06042000_p-1a_it.html

Hashana haba’a b’Yrushalayim (השנה הבאה בירושלים), ovvero L’anno prossimo a Gerusalemme è la promessa che ci si scambia durante la Pasqua ebraica.

E’ una promessa dolce: quest’anno, siamo in esilio ma l’anno prossimo il nostro Dio ci consentirà di essere nuovamente a casa.

E’ anche una promessa intimamente antisionista: Gerusalemme può essere solo un dono di Dio, non la si può conquistare con le armi o con la costruzione degli insediamenti.

Soprattutto, è una promessa sconfitta.
La si pronuncia sapendo benissimo che l’anno prossimo non saremo a Gerusalemme.

Che il giorno in cui saremo a Gerusalemme non appartiene alla nostra vita.

E forse non si spera nemmeno di essere l’anno prossimo a Gerusalemme: l’esilio ha i suoi vantaggi e la nostalgia è uno di questi.

In ogni caso, fa pensare alla quantità di promesse sconfitte che ci si scambiano.

http://profstanco.com/2009/05/28/lanno-prossimo-a-gerusalemme/