il 26 giugno sono state demolite 11 case nel villaggio di Umm Al Khair. Foto di Matilde Moro
https://www.valigiablu.it/resistenza-non-violenta-cisgiordania-israele/
Di cosa parliamo in questo articolo:
L’escalation post 7 ottobre in Cisgiordania
Sumud e resistenza nonviolenta: una strategia efficace
Sumud: la resistenza a partire dall’amore per la propria terra
Il ruolo della comunità internazionale
Gli attivisti israeliani contro l’occupazione
Dopo il 7 ottobre è cambiato tutto, ma la resistenza continua
pubblico alcuni momenti dell'articolo
Dal 7 ottobre, mentre lo sguardo internazionale è rivolto a Gaza, la situazione in Cisgiordania non fa che peggiorare. In Masafer Yatta, Youth of Sumud * continua il suo lavoro di resistenza nonviolenta con il sostegno di attivisti israeliani e internazionali. Nelle ultime settimane, dopo l’invasione del nord della Cisgiordania da parte dell’esercito israeliano, “anche a sud,” riferisce a Valigia Blu Guy Butavia, attivista israeliano con il movimento Taayush in Masafer Yatta, “l’atmosfera, l’odio e il razzismo contro i palestinesi sono aumentati drasticamente, così come gli attacchi dei coloni.
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In Masafer Yatta, però, la comunità è compatta sulla scelta della nonviolenza che, spiega Hafez, “negli anni ci ha permesso di ottenere ottimi risultati. Certo, non abbiamo sconfitto l’occupazione, non ancora, ma siamo riusciti a rimanere sulle nostre terre, che da queste parti è già moltissimo”. Risolversi a usare la violenza, spiega Hafez, è una tentazione facile quanto inefficace: “Quando vedi tutti i tuoi diritti più basilari violati ogni giorno, questo ti spinge a ricercare la violenza come risposta per difenderti, esercitando la violenza in realtà fai il gioco dell’occupazione: la loro strategia è quella di provocare fino a spingerci alla violenza per poter alimentare la loro narrazione che dipinge i palestinesi come terroristi”.
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Anche gli episodi di violenza fisica contro civili e attivisti disarmati sono ormai tutt’altro che rari, come nel caso dell’attacco a Zakariyah, il 13 ottobre scorso, a cui un colono ha sparato all’addome nel villaggio di At-Tuwani, oppure quello di Michele, attivista italiano, e Abbas, palestinese, aggrediti la notte tra il 3 e il 4 luglio da decine di coloni armati, presi a calci, pugni e bastonate fino a riportare gravi contusioni nel caso di Michele, e fratture di gambe e braccia nel caso di Abbas, poi trattenuto sotto interrogatorio per 48 ore senza avere accesso ad alcun tipo di cure mediche. “I coloni – racconta Michele, incontrato da Valigia Blu ad At-Tuwani il giorno dopo l’aggressione – hanno agito con la complicità di esercito e polizia, avevano intenzione di bruciare il villaggio di Um Fagarah e nessuno avrebbe fatto niente per fermarli. L'unico motivo per cui non sono riusciti nel loro intento è stata la presenza degli attivisti palestinesi e internazionali”.
*https://youthofsumud.org/about/