venerdì 30 settembre 2022

Sabato 01/10 /2022 . Shabbat Shalom שבת שלום....Devarìm, 22:8).Ki Tetzè. La responsabilità verso terzi nella Torà


il Maimonide (Cordova, 1138-1204, Il Cairo) nel Mishnè Torà (Hilkhòt Rotzèach Ushmiràt ha-Nèfesh, 11: 1-4) scrive che il parapetto deve essere sufficientemente forte da resistere se una persona vi si appoggia. Inoltre  rimuovendo un oggetto pericoloso si osserva un’altra mitzvà:quella in Devarìm (4:9) dove è scritto: “Però guardati bene e sta molto attento”. Il Maimonide tra le cose pericolose elenca anche un pozzo e una piscina nel cortile; entrambi vanno protetti in modo da evitare che qualcuno vi cada. Così pure bisogna rimuovere degli ostacoli dalla propria proprietà che possono causare danni. Il Maimonide elenca anche una serie di cose che i Maestri hanno proibito perché presentano  pericoli mortali, come bere acqua di fiumi o di laghi al buio e liquidi rimasti esposti in luoghi dove vi sono serpi velenose, o frutta che si sospetta che sia stata morsa da una serpe. Egli aggiunge che bisogna punire coloro che sono noncuranti del pericolo e dicono che “sono affari miei”.



R. Joseph Beer Soloveitchik (Belarus, 1903-1993, Boston) in Mesoras Harav (p. 174) estende il concetto e scrive: “Non è solo il corpo che è vulnerabile; lo è anche lo spirito umano. Tutto il concetto di costruire una parapetto attorno alla legge, citato dai Maestri nel Pirkè Avòt (Massime dei Padri, 1:1) scaturisce dalla nozione della vulnerabilità degli esseri umani.  La consapevolezza di essere vulnerabili  è uno dei fattori che portano al senso di umiltà, una delle più importanti virtù citate dal Maimonide.


l’origine della legislazione delle responsabilità nei confronti di terzi deriva proprio in questa parashà.


sta in 


https://morasha.it/ki-tetze-la-responsabilita-verso-terzi-nella-tora/

venerdì 23 settembre 2022

Sabato 24 /09 /2022 . Shabbat Shalom שבת שלום..Scoperti resti umani in un pozzo a Norwich; erano ebrei perseguitati nel 12° secolo


Scoperti corpi umani in un pozzo medievale; erano ebrei ashkenaziti perseguitati nel 12° secolo

Gli esperti credono che il gruppo possa essere caduto vittima della violenza antisemita nel 12 ° secolo.


I resti scheletrici, che comprendono sei adulti e 11 bambini, sono stati portati alla luce dai lavoratori edili nel 2004. Tra questi, quattro erano strettamente imparentati, tra cui tre sorelle: una bambina dai 5 ai 10 anni, una dai 10 ai 15 anni e un giovane adulto. L’analisi del DNA ha anche scoperto i tratti fisici di un bambino da 0 a 3 anni per includere occhi azzurri e capelli rossi, quest’ultima una caratteristica associata agli stereotipi storici degli ebrei europei. Si pensa che il gruppo fosse originario di Rouen in Normandia e parlasse francese.


 Il team aveva precedentemente considerato la possibilità di morte per malattia. Ma l’esame osseo non ha mostrato prove di lebbra o tubercolosi. Norwich era stata sede di una fiorente comunità ebraica dal 1135 e molti vivevano vicino al sito del pozzo. Ma ci sono registrazioni di persecuzioni di ebrei nell’Inghilterra medievale, compresa Norwich


https://morasha.it/scoperti-resti-umani-in-un-pozzo-a-norwich-erano-ebrei-perseguitati-nel-12-secolo/

venerdì 16 settembre 2022

Sabato 17/09 /2022 . Shabbat Shalom שבת שלום.--La comunità ebraica tripolina tra la Libia e Roma


Morashà


La

comunità ebraica tripolina tra la Libia e Roma

Stefano Tironi

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI CA’ FOSCARI DI VENEZIA – Facoltà di lingue e letterature straniere – Corso di Laurea in lingue e letterature orientali- Relatore: Emanuela Trevisan Semi – Correlatore: Angelo Scarabel – Anno Accademico 2001-2002


il governatore della Libia, Italo Balbo, diede ordine agli ebrei di aprire le loro attività commerciali anche il sabato e stabilì che era la domenica il giorno festivo per tutta la popolazione. Abitualmente gli ebrei non lavoravano il sabato perché erano molto religiosi, naturalmente nessun ebreo si sentì di aprire la sua bottega nonostante l’ordine del governo. La domenica successiva tutta la polizia ed i carabinieri si mobilitarono per arrestare i trasgressori. Nella lista degli arrestati figuravano anche mio padre e mio fratello L. non era sufficiente il loro arresto e per dare risalto a questa infrazione della legge Italo Balbo ordinò la fustigazione di una decina di commercianti. Così la fustigazione fu presentata alla popolazione: si trattò di un macabro scenario; automobili con altoparlanti giravano incessantemente per la città pubblicizzando questa orribile azione nei confronti dei dieci commercianti ebrei che avevano osato disubbidire ad un ordine del Governo Italiano. In famiglia eravamo molto preoccupati, ma loro comunque non furono toccati in quanto cittadini francesi. I dieci ebrei che vennero scelti erano libici e, quindi, nessuno poté proteggerli.”

"la fustigazione era stata fissata per il giorno successivo, nelle prime ore del pomeriggio, vicino al ghetto ebraico. Volli andare ad assistere a quell’orribile spettacolo: il piazzale era gremito di gente fino all’inverosimile. In mezzo alla piazza alcuni genieri dell’esercito avevano eretto un palco abbastanza alto proprio per dare la possibilità a tutto il popolino di godere dello spettacolo. Dopo una lunga attesa arrivò il cellulare con i dieci uomini ammanettati. Furono fatti salire sul palco con la forza. Un fascista in camicia nera lesse i nomi dei condannati, questi poi lasciò il posto ad un arabo che si presentò a torso nudo per mostrare i suoi poderosi muscoli, dopo di che iniziò il macabro spettacolo: il fascista annunciò il primo nome e l’uomo da lui nominato fu spinto al centro del palco e quindi fustigato. Non so dire quante frustate ogni condannato ricevette, tenni gli occhi chiusi e sentivo solo i lamenti ed i battiti delle mani della gente che gridava piena di odio. A questa scena era presente il figlio del rabbino capo di Tripoli che, se non sbaglio, era di Livorno. Non sopportando questa ingiustizia, gridò ai fascisti che erano dei criminali. Venne subito arrestato e non so che fine abbia fatto. Qualche tempo dopo ebbi modo di parlare con uno dei dieci fustigati. Lui mi disse che erano stati tenuti all’oscuro di quello che sarebbe accaduto, tanto è che quando arrivarono sul piazzale, e videro il “palco” e tutta quella gente, temettero l’impiccagione. Tutti loro subirono quel giorno un trauma che si portarono dietro per tutta la vita. Lui, quel giorno, fu talmente preso dalla paura che se la fece addosso e per la puzza fu subito sbrigato e condotto sul cellulare.”



venerdì 9 settembre 2022

Sabato 10/09 /2022 . Shabbat Shalom שבת שלום.






TALMUD BABILONESE - Trattato Ta‘anìt (Digiuno)


Il digiuno, come forma rituale ebraica, esprime la contrizione di fronte a una disgrazia che ha colpito o minaccia di colpire la collettività o un singolo. È uno strumento di teshuvà, di pentimento, di ritorno al Signore. Con ciò, l’uomo sancisce che quanto avviene non è casuale, bensì opera di Dio e conseguenza delle nostre azioni.

Il digiuno è la pratica che i Maestri hanno stabilito per adempiere il comandamento biblico di invocare il Signore qualora vi sia una minaccia incombente o quando si sia già stati colpiti. Il digiuno rimarrebbe tuttavia privo di significato se non fosse accompagnato dalla preghiera e dall’analisi scrupolosa del proprio operato, tutte componenti essenziali del processo di teshuvà. L’istituzione del digiuno è quindi strettamente correlata con eventi che possono accadere o non accadere: siccità, carestie, pestilenze, guerre. Ai tempi della Mishnà e del Talmud, la minaccia maggiore e più frequente era quella della mancanza di pioggia. Pertanto il trattato affronta soprattutto questo argomento per poi estendere la disamina agli altri casi.

Vengono poi trattate tematiche legate ai digiuni fissi, collegati a eventi storici e alla memoria collettiva, nei quali si aggiunge anche la componente del lutto. In particolare, i Maestri discutono sui digiuni relativi alla distruzione del Bet haMiqdàsh (il Tempio di Gerusalemme):  il digiuno del 9 del mese di Av, che commemora la distruzione del Secondo Tempio, e il digiuno di Ghedalià, in ricordo dell’assassinio del governatore di Gerusalemme dopo la distruzione del Primo Tempio. A questi si aggiunge il giorno di Kippur per il quale i Maestri hanno deciso l’obbligo di digiunare deducendolo sulla base del testo biblico Impoverirete le vostre persone (Lv 16,29).

Brani di Aggadà, cioè di racconto e insegnamenti morali, non strettamente normativi, sono una caratteristica dell’intero Talmud. Nel presente trattato ve ne è una particolare abbondanza, soprattutto per suffragare l’idea che i premi e le disgrazie devono essere intesi come ricompense e punizioni, conseguenti alle azioni dell’uomo. Alcuni  racconti, soprattutto quelli del terzo capitolo, sono sorprendenti per l’audacia delle loro narrazioni, sfociando spesso nel miracoloso; e la lettura non rimane scevra da un senso di inquietudine di fronte a quella che sembra un’eccessiva severità verso i protagonisti dei miracoli e i loro familiari.

Si può guardare al trattato di Ta‘anìt con nostalgia per la perduta immediatezza nel rapporto con il divino: la correlazione così netta e diretta fra meriti e pioggia ovvero colpe e siccità ci sembra oggi appartenere a una dimensione lontana, e anche la dipendenza così forte dalla pioggia per la sopravvivenza, almeno per una parte della popolazione mondiale, appare storia passata. Le previsioni del tempo consentono di sapere in anticipo l’arrivo o meno di pioggia con relativa sicurezza. Eppure, l’esito di una stagione più o meno piovosa o il verificarsi o meno di cataclismi riguardano ancora l’umanità tutta. L’immediatezza è forse venuta meno ma non l’incidenza dei fenomeni naturali che invece è rimasta immutata e in cui gli uomini hanno un ruolo di fondamentale importanza. In questo senso il trattato di Ta‘anìt sembra richiamarci a nuove responsabilità e consapevolezza rispetto alla cura della terra.  

Il trattato di Ta‘anìt contiene quattro capitoli, per ognuno dei quali si può identificare un tema principale: le piogge e i loro tempi; quando stabilire digiuni nel caso non ne cadano o non ne cadano abbastanza, o comunque non nei momenti in cui serve (1); le preghiere e gli usi propri dei giorni di digiuno (2); le circostanze in cui si fa digiuno (3); i digiuni fissi in ricordo di eventi specifici (4).

Il trattato si conclude con un’immagine bucolica, la descrizione festosa dei giorni più felici dell’anno: il 15 di Av e Yom Kippur, occasioni nelle quali le ragazze, vestite a festa, uscivano nelle vigne e cercavano di conquistare i loro futuri mariti.  


https://www.giuntina.it/catalogo/il-talmud/talmud-babilonese-trattato-ta%E2%80%98an%C3%ACt-digiuno-733.html

sabato 3 settembre 2022

Sabato 03/09 /2022 . Shabbat Shalom שבת שלום.



YIDDISH
Sheva Zucker

Lo yiddish è stata la principale lingua degli ebrei europei e l'espressione più autentica del carattere essenzialmente europeo dell'ebraismo degli ultimi duemila anni. Pur nascendo come lingua neo-germanica, lo yiddish si è caratterizzato immediatamente anche come lingua ebraica: è scritta infatti in caratteri ebraici e dalla tradizione religiosa deriva la sua importante componente ebraico-aramaica. Queste due caratteristiche, l'essere contemporaneamente europea ed ebraica, sono l'emblema dell'ebraismo fino al XX secolo. Parlato in Europa orientale da dodici milioni di persone prima della seconda guerra mondiale, oggi lo yiddish è scomparso dall'Europa insieme a coloro che lo parlavano. Lo yiddish non è più la lingua di un popolo, ma molti ancora lo parlano.
Questo libro, che ha il pregio di trattare lo yiddish come una "lingua viva" e che conserva tutto il sapore dell'ebraismo newyorchese di oggi, laico e dinamico, che guarda alle proprie radici ma è anche proiettato al futuro, è anche il manuale ideale per i curiosi di questa cultura e di quanti vogliano scoprire una lingua e una civiltà letteraria che è parte integrante dell'identità europea.