sabato 26 settembre 2020

Jean-Paul Sartre in “L’antisemitismo – Riflessioni sulla questione ebraicaRiflessioni sulla questione antisemita. Delphine Horvilleur


"L’antisemitismo, in una parola, è la paura di fronte alla condizione umana. L’antisemita è l’uomo che vuole essere roccia spietata, un torrente furioso, fulmine devastatore: tutto fuorché un uomo."

La frase: “Io odio gli ebrei” è di quelle che si pronunziano in gruppo; pronunziandola, ci si riattacca ad una tradizione e ad una comunità: quella dei mediocri.



… l’ebreo oggetto di tanta esecrazione, è completamente innocente e direi anzi inoffensivo.

C’è una sincerità, una giovinezza, un calore nelle manifestazioni di amicizia di un ebreo come raramente si potrà trovare in un cristiano, invischiato nelle sue tradizioni e nelle sue cerimonie. Da ciò deriva anche il carattere disarmato della sofferenza ebraica, la più sconvolgente delle sofferenze.


Dopo la sua emancipazione, cioè da un secolo e mezzo circa a questa arte, l’ebreo tenta di farsi accettare da una società che lo respinge.


…bisognerà dimostrare  a ciascuno che il destino degli ebrei è il suo destino.

" ---è un uomo che ha paura. Non degli ebrei, certamente: ma di sé stesso, della sua coscienza, della sua libertà, dei suoi istinti, delle sue responsabilità, della solitudine, del cambiamento della società e del mondo; di tutto meno degli ebrei… Sceglie la permanenza e l’impenetrabilità della pietra, l’irresponsabilità totale del guerriero che obbedisce ai suoi capi, ed egli non ha un capo. Sceglie di non acquistare niente, di non meritare niente, ma che tutto gli sia dovuto per nascita – e non è nobile. Sceglie infine che il Bene sia bell’è fatto, fuori discussione, intoccabile… L’ebreo qui è solo un pretesto: altrove ci si servirà del negro o del giallo».


Anche nel democratico più liberale si può nascondere una sfumatura di antisemitismo: egli è ostile all'ebreo nella misura in cui questi osa pensarsi, appunto, ebreo.

https://www.festivalsophia.it/2019/06/27/unatantumsartre-e-lantisemitismo/

https://www.osservatorioantisemitismo.it/articoli/riflessioni-sulla-questione-ebraica-di-jean-paul-sartre/



Sartre aveva mostrato nelle Riflessioni sulla questione ebraica come l’ebreo sia definito in forma inversa attraverso lo sguardo dell’antisemita. Delphine Horvilleur sceglie qui di fare il contrario: esplorare l’antisemitismo attraverso i testi sacri, la tradizione rabbinica e le leggende ebraiche. Horvilleur analizza la particola coscienza che gli ebrei hanno di ciò che abita la psiche antisemita nel corso del tempo: l’ebreo è di volta in volta rimproverato di impedire al mondo di fare «tutto»; di confiscare qualche cosa al gruppo, alla nazione o all’individuo; di mancare di virilità e di incarnare il femminino, la mancanza, l’assenza, la faglia identitaria che minaccia l’integrità della comunità. L’esegesi di questa letteratura è a maggior ragione più rilevante in quanto i motivi ricorrenti dell’antisemitismo sono oggi rivitalizzati nel discorso dell’estrema destra e dell’estrema sinistra. Questo libro offre gli strumenti di resilienza per sfuggire al ripiegamento identitario: la tradizione rabbinica non si preoccupa tanto di venire a capo dell’odio verso gli ebrei (fatica sprecata...) quanto di offrire armi per premunirsi contro di esso. Esso inoltre, per chi lo sappia leggere, rappresenta una via d’uscita dalla competizione vittimaria che caratterizza i nostri tempi di odio ed esclusione.


"L’ebreo è sovente odiato non per ciò che NON HA ma per ciò che HA. Non lo si accusa di avere meno, bensì di possedere ciò che spetta a noi altri e che è stato senz’altro usurpato."

mercoledì 9 settembre 2020

Addio allo scrittore e studioso Amos Luzzatto

Addio allo scrittore e studioso Amos Luzzatto

Medico, biblista, presidente delle comunità ebraiche italiane, Luzzatto è stato una figura centrale dell'ebraismo italiano del dopoguerra. Si è spento a Venezia a 92 anni


https://www.repubblica.it/robinson/2020/09/09/news/addio_allo_scrittore_e_studioso_amos_luzzatto-266725929/?ref=RHPPTP-BH-I266666697-C12-P9-S3.4-T1


Uomo profondamente buono e interessato all'essere umano definì la svolta razzista del fascismo non tanto l'introduzione delle leggi razziali, ma, ben prima, la campagna antietiope che portò l'Italia ad attaccare un'altra nazione cristiana con una propaganda che definifa gli africani "esseri inferiori". 


"Proprio questo", spiegò, "è quello che mi fa temere un ritorno a tempi che inevitabilmente portano a una guerra e distruzione di vaste proporzioni: quando la propaganda attacca gli esseri umani in quanto tali e fa bassa politica di partito arrivando a dividere gli uomini per colore della pelle solo per assicurare una poltrona a candidati che altrimenti non saprebbero come sbarcare il lunario".

https://mattinopadova.gelocal.it/regione/2020/09/09/news/morto-a-venezia-amos-luzzatto-ex-presidente-delle-comunita-ebraiche-italiane-1.39286163


In Conta e racconta: memorie di un ebreo di sinistra, pubblicato nel 2008 da Mursia in occasione dei suoi 80 anni, Amos Luzzatto faceva il bilancio della sua vita piena di sfide nel segno delle radici e dei molti straordinari antenati di cui conservava la memoria. Dal nonno materno, il rabbino e intellettuale Dante Lattes, al poeta, esegeta ed ebraista Samuel David Luzzatto, suo trisavolo, conosciuto anche come Shadal. Tra i suoi cugini il grande intellettuale triestino Giorgio Voghera. “Il mio nome esatto è Amos Michelangelo Luzzatto, figlio di Leone Michele e di Emilia Lina Lattes - scriveva nell'autobiografia - La mia famiglia è molto composita. I Luzzatto sono originariamente ebrei veneti, giunti, pare, dalla Lusazia, rintracciabili alla fine del XV secolo fra Venezia, il Friuli e il Veneto orientale. La lapide della tomba sul punto più elevato del cimitero ebraico di Conegliano Veneto appartiene a un Luzzatto e ne presenta lo stemma: un gallo che tiene tre spighe in una zampa, sormontato da una mezzaluna e da tre stelle a cinque punte”.


https://www.ilmattino.it/cultura/libri/amos_luzzatto_morto_oggi_ebrei-5452496.html

mercoledì 2 settembre 2020

Dalla "Haggadah di Pesach secondo l’uso della comunità ebraica di Roma

[Io credo con fede incrollabile nella venuta del Messia ed anche se
dovesse tardare io continuerò ad aspettarlo ogni giorno a venire]

file:///Users/A2-14/Downloads/Haggadah_di_Pesach_Traslitterata.pdf

Realizzata da Joram Marino sulla base del testo e delle note di Rav
Alfredo S. Toaff e della registrazione audio coordinata da Rav Elio Toaff.
Documento rilasciato sotto licenza CC BY-NC-ND - Per favore trattare questo testo con il dovuto rispetto.


Pesach sheaiù avotenu ochlim bizman shebet amikdash kaiam al shum ma? Al shum shepasach aKadosh baruch U al battè avotenu beMitzraim, shenneemar: vaamartem zevach Pesach u l’A. asher pasach al battè benè Israel beMitzraim benogpò et Mitzraim veet battenu itzil vaikod aam vaishtachavù.

[L’agnello che i nostri padri mangiavano al tempo del Santuario, perché  lo mangiavano? perchè il Santo, Benedetto Egli sia, passò oltre le case dei nostri padri in Egitto come è detto (Es XII,27): “Voi direte: -è questo il sacrificio pasquale (Pesach) in onore del S. che passò oltre (pasach) le case  dei figli di Israele allorquando colpì a morte gli egiziani e salvò le nostre  dimore- e il popolo si inchinò e si prostrò”.]

Si prende in mano l’azzima dicendo: Matzà zo sheanu ochlim al shum ma? Al shum shelò ispik betzekam shel avotenu leachmitz ad sheniglà aleem melech malchè ammelachim aKadosh baruch U ughalam miiad, shenneemar: vaiofù et abbatzek asher otziu miMitzraim, uggot matzot ki lò chametz, ki goreshù miMitzraim velò iachelù leitmamea vegam tzedà lò asù laem.

[Quest'azzima che noi mangiamo, perché la mangiamo? Perché la pasta dei nostri padri non ebbe tempo di lievitare poiché il Re dei re, il Santo, benedetto Egli sia, si manifestò loro e li liberò subito, come è detto (Es XII,39): "Fecero cuocere la pasta che avevano portato via dall'Egitto facendone focacce azzime, non essendo lievitata in quanto erano stati cacciati in fretta dall'Egitto e non avevano potuto attendere che lievitasse né d’altra parte
possedevano altra scorta di provviste".]


Si prende in mano l’erba amara dicendo: Maror zo sheanu ochlim al shum ma? al shum she marerù ammitzrim at chaiè avotenu beMitzraim, shenneemar: vaimarerù et chaieem baavodà kashà, bechomer uvilvenim uvkol avodà bassadè, et kol avodatam asher avdù baem befarech.

[Quest'erba amara che noi mangiamo, perché la mangiamo? Perché gli egiziani amareggiarono la vita dei nostri padri in Egitto come è detto (Es I,14): "Amareggiarono la loro vita con duri lavori di creta e mattoni e tutti i lavori di campagna ed ogni altro genere di lavoro con durezza".]