venerdì 18 febbraio 2022

Sabato 19. /02 /2022. Shabbat Shalom שבת שלום



                 

Inizio 
Shabbat

17,32. di Venerdi 18 Febbraio

        Fine Shabbat

18,39 di Sabato 19 Febbraio 

venerdì 11 febbraio 2022

Sabato 12. /02 /2022. Shabbat Shalom שבת שלום




During WWII, Jews in Budapest were brought to the edge of the Danube, ordered to remove their shoes, and shot, falling into the water below. 
60 pairs of iron shoes now line the river's bank, a ghostly memorial to the victims. 'Shoes on the Danube Promenade' by Can Togay and Gyula Pauer. 
Photo: Nikodem Nijaki
Source: All About Cemeteries


Durante la seconda guerra mondiale, gli ebrei di Budapest furono portati ai confini del Danubio, fu loro ordinato di togliersi le scarpe, e  furono fucilati , cadendo nell'acqua sottostante.
60 paia di scarpe di ferro ora rigano la riva del fiume, un monumento fantasma per le vittime. 

"Scarpe sulla promenade del Danubio" di Can Togay e Gyula Pauer.




venerdì 4 febbraio 2022

Marxisti eretici. EMERGENZA ANTROPOLOGICA- anno 2011



"La manipolazione della vita, originata dagli sviluppi della tecnica e dalla violenza insita nei processi di globalizzazione in assenza di un nuovo ordinamento internazionale, ci pone di fronte a una inedita emergenza antropologica. Essa ci appare la manifestazione più grave e al tempo stesso la radice più profonda della crisi della democrazia. Germina sfide che esigono una nuova alleanza fra uomini e donne, credenti e non credenti, religioni e politica. Pertanto riteniamo degne di attenzione e meritevoli di speranza le novità che nel nostro Paese si annunciano in campo religioso e civile." La lettera di Pietro Barcellona, Paolo Sorbi, Mario Tronti e Giuseppe Vacca, di cui qui riportiamo l'incipit, non poteva non suscitare un acceso ed entusiasmante dibattito. In questo libro sono raccolte le prime risposte di credenti e non credenti, teologi, politici, filosofi, uomini di chiesa, impegnati a riflettere su una delle provocazioni culturali ed etiche più significative degli ultimi anni.





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il 16 ottobre 2011 Avvenire pubblica la lettera aperta  “L’emergenza antropologica: per una nuova alleanza”, firmata da Pietro Barcellona, Paolo Sorbi, Mario Tronti e Giuseppe Vacca. La lettera ha da subito suscitato un acceso ed entusiasmante dibattito. In questo libro sono raccolte le prime risposte di credenti e non credenti, teologi, politici, filosofi, uomini di chiesa, impegnati a riflettere su una delle provocazioni culturali ed etiche più significative degli ultimi anni.

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L’emergenza antropologica: per una nuova alleanza, di Pietro Barcellona, Paolo Sorbi, Mario Tronti, Giuseppe Vacca

La manipolazione della vita, originata dagli sviluppi della tecnica e dalla violenza insita nei processi di globalizzazione in assenza di un nuovo ordinamento internazionale, ci pone di fronte ad una inedita emergenza antropologica. Essa ci appare la manifestazione più grave e al tempo stesso la radice più profonda della crisi della democrazia. Germina sfide che esigono una nuova alleanza fra uomini e donne, credenti e non credenti, religioni e politica. Pertanto riteniamo degne di attenzione e meritevoli di speranza le novità che nel nostro Paese si annunciano in campo religioso e civile.

A noi pare che negli ultimi anni – un periodo storico cominciato con la crisi finanziaria del 2007 e in Italia con il crepuscolo della “seconda Repubblica” – mentre la Chiesa italiana si impegnava sempre più a rimodulare la sua funzione nazionale, un interlocutore come il Partito democratico sia venuto definendo la sua fisionomia originale di “partito di credenti e non credenti”. Sono novità significative che ampliano il campo delle forze che, cooperando responsabilmente, possono concorrere a prospettare soluzioni efficaci della crisi attuale.

Il terreno comune è la definizione della nuova laicità, che nelle parole del segretario del Pd muove dal riconoscimento della rilevanza pubblica delle fedi religiose e nel magistero della Chiesa da una visione positiva della modernità, fondata sull’alleanza di fede e ragione. Nel suo libro-intervista “Per una buona ragione”, Pier Luigi Bersani afferma che il “confronto con la dottrina sociale della  Chiesa” è un tratto distintivo della ispirazione riformistica del Pd e che la presenza in Italia “della massima autorità spirituale cattolica” può favorire il superamento del bipolarismo etico che in passaggi cruciali della vita del Paese ha condizionato negativamente la politica democratica. Ribadendo, infine, la “responsabilità autonoma della politica”, Bersani esprime una opzione decisa per una sua visione “che non volendo rinunciare a profonde e impegnative convinzioni etiche e religiose, affida alla responsabilità dei laici la mediazione della scelta concreta delle decisioni politiche”.

Per quanto riguardala Chiesa cattolica vi sono due punti della relazione del cardinale Bagnasco alla riunione del Consiglio permanente dei vescovi del 26-29 settembre 2011 che meritano particolare attenzione.

Il primo riguarda la critica della “cultura radicale”: essa è rivolta a quelle posizioni che, “muovendo da una concezione individualistica”, rinchiudono “la persona nell’isolamento triste della propria libertà assoluta, slegata dalla verità del bene e da ogni relazione sociale”.

Il secondo è la proposta di nuove modalità dell’impegno comune dei cattolici per contrastare quella che in una precedente occasione aveva definito “la catastrofe antropologica”: “la possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica”. E non è meno significativa la sua giustificazione storica: “A dar coscienza ai cattolici oggi non è anzitutto un’appartenenza esterna, ma i valori dell’umanizzazione [che] sempre di più richiamano anche l’interesse di chi esplicitamente cattolico non si sente”. In altre parole, la “possibilità” di questo nuovo soggetto origina dall’impegno sociale e culturale del laicato, nel quale i cattolici sono “più uniti di quanto taluno vorrebbe credere” grazie alla bussola che li guida: la costruzione di un umanesimo condiviso.

La definizione della nuova laicità e l’assunzione di una responsabilità più avvertita della Chiesa per le sorti dell’Italia esigono uno sviluppo dell’iniziativa politica e culturale volta non solo a interloquire con il mondo cattolico, ma anche a cercare forme nuove di collaborazione con la Chiesa, nell’interesse del Paese. A tal fine appare dirimente il confronto su due temi fondamentali del magistero di Benedetto XVI che nell’interpretazione prevalente hanno generato confusioni e distorsioni tuttora presenti nel discorso pubblico: il rifiuto del “relativismo etico” e il concetto di “valori non negoziabili”.

Per chi dedichi la dovuta attenzione al pensiero di Benedetto XVI non dovrebbero sorgere equivoci in proposito. La condanna del “relativismo etico” non travolge il pluralismo culturale, ma riguarda solo le visioni nichilistiche della modernità che, seppur praticate da minoranze intellettuali significative, non si ritrovano a fondamento dell’agire democratico in nessun tipo di comunità: locale, nazionale e sovranazionale. Il “relativismo etico” permea, invece, profondamente, i processi di secolarizzazione, nella misura in cui siano dominati dalla mercificazione. Ma non è chi non veda come la lotta contro questa deriva della modernità costituisca l’assillo fondamentale della politica democratica, comunque se ne declinino i principii, da credenti o da non credenti.

D’altro canto, non dovrebbero esserci equivoci neppure sul concetto di “valori non negoziabili” se lo si considera nella sua precisa formulazione. Un concetto che non discrimina credenti e non credenti, e richiama alla responsabilità della coerenza fra i comportamenti e i principii ideali che li ispirano. Un concetto che attiene, appunto, alla sfera dei valori, cioè dei criteri che debbono ispirare l’agire personale e collettivo, ma non nega l’autonomia della mediazione politica. Non si può quindi far risalire a quel concetto la responsabilità di decisioni in cui, per fallimenti della mediazione laica, o per non nobili ragioni di opportunismo, vengano offese la libertà e la dignità della persona umana fin dal suo concepimento.

Ad ogni modo, se nell’approccio alle sfide inedite della biopolitica ci sono stati e si verificano equivoci e cadute di tal genere non solo in scelte opportunistiche del centrodestra, ma anche nel determinismo scientistico del centrosinistra, la riaffermazione del valore della mediazione laica che sembra ispirare “la possibilità di un soggetto culturale e sociale di interlocuzione con la politica” rischiara il terreno del confronto fra credenti e non credenti. Quindi dipenderà dall’iniziativa culturale e politica delle forze in campo se quella “possibilità” acquisterà un segno progressivo o meno nella vicenda italiana.

A tal fine noi riteniamo che il Pd debba promuovere un confronto pubblico con la Chiesacattolica e con le altre confessioni religiose operanti in Italia oltre che sui temi cosiddetti “eticamente sensibili”, su quelli che attengono in maniera più stringente ai rischi attuali della nazione italiana: la tenuta della sua unità, la “sostanza etica” del regime democratico.

Tanto sull’uno, quanto sull’altro, la storia dell’Italia unita dimostra che la funzione nazionale assolta o mancata dal cattolicesimo politico è stata determinante e lo sarà anche in futuro.


giovedì 3 febbraio 2022

Moni Ovadia, La cacciata del crocifisso, L’Unità, 1.11.2003, p. 28

 



"Quando furono promulgate le leggi razziali in Italia nell’autunno del 1938, il provveditorato agli studi inviò solerti funzionari in tutte le scuole del Regno per verificare che fossero rigorosamente applicate. [...] Si racconta che in una certa aula scolastica di un istituto elementare, uno di questi funzionari svolgesse con zelo il suo compito di epuratore della razza maledetta e con espressione grifagna ingiungesse: CHI HA IL PADRE EBREO LASCI IMMEDIATAMENTE L’AULA. Tre bimbi con l’aria smarrita si alzarono, raccolsero libri e quaderni, si infilarono il cappottino ed uscirono mesti dalla classe. Verificata l’esecuzione dell’ordine, il funzionario proseguì perentorio: CHI HA LA MADRE EBREA LASCI  TOSTO  L’AULA. Un solo bambino riccioluto con l’incarnato pallidissimo, gli occhi sgranati, incredulo raccolse le sue cose ed uscì. A questo punto fiero di sé il solerte sgherro con soddisfatta pomposità esclamò: CHI HA IL PADRE E LA MADRE EBREI LASCI IMMANTINENTE QUEST’AULA ARIANA. Nell’innaturale silenzio che seguì a quest’ultimo ukase, tutti udirono un cigolio che proveniva dalla parete alle spalle della cattedra. Col fiato sospeso tutti i presenti tesero le orecchie e intesero distintamente il suono metallico di un chiodino che cadeva sul pavimento. A questo punto, guidati dallo sgomento impresso sui piccoli volti dei loro alunni, il funzionario della pubblica istruzione ed il maestro si volsero verso la cattedra appena in tempo per scorgere il crocifisso guadagnare con dolenti balzelloni l’uscio e sparire. Noi  ebrei l’abbiamo sempre saputo, l’uomo che in effigie è rappresentato agonizzare sulla croce, è un ebreo. Suo padre terreno e sua madre erano ebrei. Lo era naturalmente suo fratello Giacomo. Ebraica fu la sua formazione e la sua pratica. Ebrei furono i suoi discepoli e a lungo i suoi seguaci furono solo ebrei. Ebrei furono i primi martiri cristiani. Dopo quasi due millenni di elusione, questi fatti sono riconosciuti e dichiarati a chiarissime lettere dalla Chiesa. Non all’epoca buia della persecuzione e dello sterminio nazista. Allora milioni di innocenti condotti al macello forse avrebbero sperato nella rimozione dei crocefissi da ogni luogo per denunciare l’orrore. Non accadde.[...] Ma l’attuale Pontefice ha assunto su di sé come capo della Chiesa Cattolica la responsabilità delle passate perversioni, ha solennemente riconosciuto le colpe e chiesto perdono"

(Moni Ovadia, La cacciata del crocifisso, L’Unità, 1.11.2003, p. 28).